Di Paolo Maccallini
E’ stato riportato che circa il 18% dei soggetti con una ben verificata esposizione alla spirocheta Borrelia burgdorferi –i quali non siano mai stati sottoposti a trattamenti specifici per la malattia di Lyme- lamentano esclusivamente sintomi soggettivi quali fatica, mialgia e atralgia, senza mai manifestare i segni caratteristici della malattia di Lyme (eritema migrante, artrite, radiculopatia etc) (Steere AC, 1987). Questa popolazione è caratterizzata da:
- una ben definita serologia positiva per Borrelia burgdorferi;
- una clinica a volte sovrapponibile alla chronic fatigue syndrome (CFS) o alla fibromialgia (FM);
- nessun precedente trattamento antibiotico specifico per Lyme;
- una sigificativa quanto effimera risposta al trattamento antibiotico.
Per questo gruppo è stato proposto il nome di probable late lyme disease (PLLD) (Aucott JN, 2012). Tra i soggetti che hanno invece avuto una manifestazione classica della malattia di Lyme e che siano stati trattati con le terapie attualmente raccomandate, si riscontra a volte la permanenza di sintomi residui. In uno studio longitudinale su una popolazione di malati Lyme dell’isola di Nantucket (MA, USA), fu ad esempio rilevato che il 36% dei soggetti lamentava sintomi residui, consistenti prevalentemente in fatica, problemi di concentrazione e dolore muscolo-scheletrico (Shadick NA, 1999). In questo gruppo di pazienti è stata osservata una discreta frequenza di casi compatibili con diagnosi di CFS e FM. La condizione descritta prende il nome di post treatment Lyme disease syndrome (PTLDS). In uno studio su 23 pazienti con PTLDS -ad esempio- il 30% soddisfaceva i criteri diagnositici della FM e un 13% era compatibile con la diagnosi di CFS (Bujak DI, 1996). Il rischio di sviluppare la PTLDS sembra direttamente proporzionale al tempo intercorso fra l’inoculazione della spirocheta del complesso Borrelia burgdorferi sl, e il trattamento antibiotico (Kalish RA, 2001). Purtroppo è frequente che i soggetti PLLD abbiano benefici solo transitori dal trattamento antibiotico raccomandato; quindi questa popolazione, una volta individuata e trattata, finisce in parte nella categoria PTLDS (Aucott JN, 2012).
Questa premessa permette di concludere che tanto nella PLLD che nella PTLDS, esiste un sottogruppo di persone che soddisfa i criteri diagnostici per la CFS. Si può cioè affermare che la CFS può costituire una delle possibili manifestazioni cliniche della malattia di Lyme, esattamente come l’artrite o la paralisi di Bell. Per un approfondimento sui sintomi della CFS, e i vari criteri diagnostici usati per la diagnosi si rimanda ad un esaustivo articolo di Giada Da Ros.
Volendo esplorare la relazione tra Lyme e CFS da un punto di vista opposto, è legittimo chiedersi invece quanti siano i casi di Lyme all’interno del bacino di pazienti che soddisfano i criteri diagnostici per CFS. Ebbene, la recente revisione della letteratura scientifica sulla CFS, operata dall’Institute of Medicine, non riporta nessuno studio rilevante sulla frequenza della infezione da Borrelia burgdorferi sl nella CFS, e si limita a sottolineare la somiglianza fra la CFS stessa e la PTLDS (IOM, 2015). Tuttavia è possibile recuperare almeno due piccoli studi in cui non è stata dimostrata una particolare esposizione della popolazione CFS all’agente eziologico della malattia di Lyme (Pollark RJ, 1995) e (Mawle AC, 1995).

Ora, poiché sappiamo che un gruppo consistente di pazienti CFS sviluppa la malattia dopo un episodio infettivo acuto, a prescindere dal tipo di infezione (Hickie, 2006), una possibile interpretazione di quanto fin qui esposto è che:
- Borrelia burgdorferi sl sia solo uno dei possibili trigger infettivi (insieme all’EBV, a Coxiella burnetii etc) della patologia post infettiva che prende il nome di CFS.
D’altra parte i criteri stilati nel 1994 per la diagnosi della CFS non considerano una diagnosi di malattia di Lyme come criterio di esclusione, purché il paziente abbia ricevuto i trattamenti raccomandati (Fukuda K, 1994). Quindi pare che il comitato che stilò tali criteri sposasse questa ipotesi. Ipotesi che ha un suo fascino, soprattutto per la semplificazione che comporta nell’inquadramento di una patologia complessa come la CFS.
Esistono tuttavia alcune prove a sfavore di questa ipotesi, le quali suggeriscono che la PTLDS sia una entità seprata rispetto alla CFS. Infatti:
- i soggetti con PTLDS presentano una compromissione cognitiva mediamente maggiore rispetto agli altri pazienti CFS (Gaudino, 1997);
- i soggetti con PTLDS presentano un profilo immunitario non del tutto compatibilie con quello degli altri pazienti CFS (Shutzer, 2011), (Ajamian, 2015).
Quindi una seconda interpretazione dei dati disponibili potrebbe essere che:
- la PTLDS sia una entità nosografica distinta dalle altre forme di CFS, anche quando la clinica appare simile.
Purtroppo questa questione rimane irrisolta e ulteriori studi sono necessari. Attualmente è in corso -presso la Stanford University- una indagine molto dettagliata su un gruppo di pazienti CFS con manifestazioni gravi, in cui è prevista anche la ricerca di antigeni di Borrelia burgdorferi con un metodo innovativo (vedi qui). E’ possibile che questa ricerca dia qualche indizio ulteriore. Nel frattempo potrebbe essere utile differenziare il sottogruppo CFS con serologia positiva per Borrelia burgdorferi e provare a trattare queste persone in modo differente. Questo approccio è suggerito dalle seguenti ragioni:
- il modello animale indica la possibilità che nei soggetti PTLDS ci sia una infezione attiva di basso grado da B. burgdorferi (Embers, 2012);
- esistono osservazioni cliniche a favore di cure antimicrobiche in soggetti CFS con accertata esposizione a particolari agenti infettivi (tra cui B. burgdorferi) (Batemen L et al. 2014);
- almeno due trial in doppio cieco dimostrano l’efficacia -nella riduzione della fatica- di cicli aggiuntivi di ceftriaxone nei soggetti con PTLDS (Krupp, 2003), (Fallon, 2008).
Quindi, se da un lato è affascinante la prospettiva di trovare una spiegazione unificata per patologie come la CFS e la PTLDS, dall’altro è forse proficuo sezionare l’universo CFS, isolando particolari sottogruppi.
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