Questo articolo è una parte di un articolo più grande (vedi qui) da cui ho estrapolato solo le sezioni che riguardano la Lyme.
Una malattia della materia bianca?
E’ interessante notare che le alterazioni al livello del tronco encefalico descritte nella ME/CFS (vedi qui) in generale non si ritrovano nella post-treatment Lyme disease syndrome (PTLDS), una condizione spesso assimilata alla ME/CFS (vedi questo post). In effetti uno studio SPECT del 1997 su 13 pazienti con sintomi cronici della malattia di Lyme, rivelò ipoperfusione principalmente in regioni fontali (corticali e sub-corticali) (Logigian EL et al. 1997). Alcuni anni dopo, Fallon e colleghi riportarono (metodo SPECT) ipoperfusione nella materia bianca dei lobi parietali e temporali in 11 pazienti con PTLDS (Fallon B et al. 2003), e osservarono che la patologia si configurava come un disturbo della materia bianca. Anche Donta e colleghi riportarono – in uno studio SPECT su 183 pazienti Lyme con sintomi cronici – ipoperfusione nei lobi frontali, parietali e temporali (Donta ST et al. 2012). Uno studio PET del 2002 evidenziò la presenza di ipometabolismo nei lobi temporali, parietali e frontali (Newberg A et. al. 2002) e uno studio analogo del 2009 confermò l’ipometabolismo nei lobi temporali e parietali, e anche nelle più profonde aree limbiche (Fallon BA et al. 2009). Coerentemente, l’uso della risonanza magnetica spettroscopica nella neuroboreliosi, ha rilevato un incremento significativo del rapporto Cho/Cr nella materia bianca dei lobi frontali, in assenza di lesioni apprezzabili del parenchima (Ustymowicz A et al. 2004) e un caso analogo è stato descritto nel presente sito (vedi qui). Emerge dunque una differenza sostanziale tra le anomalie della ME/CFS – che riguardano il tronco encefalico – e quelle della PTLDS, che invece incidono essenzialmente su materia bianca e grigia dei lobi temporali e parietali. Questa differenza probabilmente è dovuta al fatto che, sebbene la PTLDS venga spesso superficialmente accostata alla ME/CFS, di fatto solo una piccola percentuale dei pazienti PTLDS soddisfa i criteri per la ME/CFS (il 13%, secondo una stima, Bujak DI, 1996).
Infezione diretta del tronco encefalico
Detto questo, è possibile però rintracciare in letteratura descrizioni di malattia di Lyme con un coinvolgimento del tronco encefalico in almeno cinque casi, che riporto nel seguito.
- L’autopsia di un uomo (NY, USA) con demenza progressiva e fatale a seguito di esposizione a B. burgdorferi, rivelò gliosi nella substantia nigra (mesencefalo), oltre che nel talamo. Il trattamento antibiotico portò a un miglioramento temporaneo, ma la malattia recidivò dopo la fine del trattamento e il paziente è deceduto (Waniek C et al. 1995).
- La risonanza encefalica di un uomo di 28 anni (NY, USA) dimostrò zone iperintense al livello dei peduncoli cerebellari e della regione dorsale del pons (i peduncoli cerebellari collegano il cervelletto al tronco encefalico). Le medesime regioni erano sede di ipermetabolismo (PET). L’uomo aveva sierologia positiva per B. burgdorferi, e l’esame del liquor dimostrò la produzione intratecale di anticorpi per il medesimo battere, oltre che bande oligoclonali e aumento delle proteine. Si decise di somministrare ceftriaxone in vena per 1.5 mesi. Inizialmente le lesioni progredirono, per risolversi un mese dopo. La sierologia rimase positiva, sebbene attenuata (Kalina P. et al. 2005). Interessante notare che i sintomi prominenti del paziente – prima dell’intervento – erano movimenti non coordinati (atassia) e fatica.
- Una donna di 64 annia si presenta all’osservazione dello specialista (Arau, Svizzera) dopo due mesi di dolore nucale, disartria (difficoltà nell’articolare le parole), dismetria (difficoltà nell’eseguire i movimenti fini), fatica e disbasia (disturbi dell’andatura). La risonanza magnetica evidenziava zone iperintense al livello del mesencefalo, del cervelletto, dell’ipotalamo e del talamo. Il trattamento con ceftriaxone in vena risolse i sintomi e le lesioni cerebrali (Haene A 2009).
- Una donna di 28 anni si presentò all’ospeale di Zurigo (Svizzera) con una storia di febbre, fatica, mal di testa, dolore nucale, vertigini, perdita di peso e un episodio recente di morso di zecca (8 settimane prima). Gli esami rivelarono la sintesi di anticorpi conto proteine di B. burgdorferi nel siero (IgM per OspC e IgG per OspC, p18, VlsE) e nel liquor (IgM per OspC, p39, VlsE e IgG per VlsE e p41). La risonanza magnetica evidenziò regioni iperintense al livello del tronco encefalico (pons) e nei nervi vestibolari. Gli esami liquorali per virus neurotropici (EBV, CMV, HIV, HSV, VZV) erano negativi. I sintomi si risolsero dopo 3 settimane di ceftriaxone in vena (Farsha-Amacker NA et al. 2013).
- Una donna di 54 anni si presenta nel 2009 in un ospedale olandese per problemi di vertigini, di coordinamento nell’andatura (andatura atassica), perdita di udito, dimagrimento eccessivo. La risonanza magnetica dimostrò diverse aree iperintense nella materia bianca di ambo gli emisferi. Gli esami del sangue risultarono normali. In seguito la donna si trasferì negli Stati Uniti e nel 2011 fu esaminata da degli specialisti della Università di Pittsburg i quali evidenziarono una condizione di fatica e debolezza associati a nistagmo, problemi cognitivi, dismetria, deambulazione atassica, Babinski positivo bilateralmente. Una nuova risonanza magnetica (2011) confermava la presenza di lesioni nella materia bianca periventricolare di ambo gli emisferi, ma anche nel pons e nel cervelletto. Un esame del liquor rivelò un elevato livello di proteine (324 mg/dl, rif. 15-45), elevato livello di IgG (65.6, rif 0.8-7.7), bande oligoclnali (IgG index = 0.89, rif. <0.6), produzione intratecale di anticorpi contro B. burgdorferi, in particolare per p18 (DbpA), p23 (OspC), p41 (flagellina), p58 (?). Tuttavia la PCR risultava negativa per questo battere, nel liquor. Esami infettivi per virus neurotropici tutti negativi. Negativi anche tutti gli anticorpi anti-neuronali testati. Sulla base di questi dati, e sentito il parere di un infettivologo, si decise di intraprendere un trattamento di un mese con ceftriaxone IV (2 g/die) che portò a risoluzione della atassia e della sordità, con un miglioramento nella fatica. Nel 2012 la paziente esegue una risonanza di controllo in cui risultano ancora presenti le lesioni evidenziate nel 2011, ma leggermente ridotte quelle del mesencefalo. La paziente risulta migliorata nei suoi sintomi neurologici, ma permane una condizione di fatica cronica e di deficit nella memoria breve (Verma V et al. 2014).
Nei casi 2, 3, 5 esiste una relativa sicurezza che le lesioni mesencefaliche fossero dovute a infezione diretta da parte di B. burgdorferi, infatti le stesse sono regredite (casi 2 e 3) o migliorate (caso 5), dopo somministrazione di ceftriaxone in vena. Il caso 1 è anomalo – in quanto il paziente è deceduto – e non è stato possibile confrontare le lesioni prima e dopo il trattamento. Nel caso 3 non è stata fatta una risonanza di controllo dopo il trattamento. Possiamo tuttavia concludere che:
-
l’infezione diretta del tronco encefalico da parte di B. burgdorferi è possibile, anche se altri studi sono necessari per confermare questa affermazione, e per indicare la prevalenza del fenomeno.
Ovviamente non è possibile escludere che le lesioni siano un prodotto indiretto della infezione, come per esempio l’effetto di autoanticorpi contro il tronco encefalico, o fenomeni infiammatori dovuti a citochine contenute nel flusso sanguigno e penetrate attraverso la barriera emato-encefalica. Se consideriamo gli studi SPECT (Logigian EL et al. 1997), (Fallon B et al. 2003), (Donta ST et al. 2012) e PET (Newberg A et. al. 2002), (Fallon BA et al. 2009) già citati, dovremmo dedurre che un interessamento del mesencefalo nella fase cronica della malattia di Lyme non sembra probabile. Eppure questa conclusione è affrettata, infatti tutti questi studi sono su popolazione USA, e noi sappiamo che l’interessamento del parenchima cerebrale è raro in caso di B. burgdorferi sensu stricto (la specie diffusa in USA), ed è invece più frequente nel caso della specie europea B. garinii (Ogrinc K et Maraspin V, 2015). Coerentemente, i casi 3, 4, 5 riguardano infezioni europee (Svizzera nei casi 2 e 3, Olanda nel caso 5). Per questi pazienti non abbiamo un follow-up negli anni successivi, ad eccezione del caso 5, in cui si riporta fatica cronica e deficit di memoria, insieme alla persistenza delle lesioni, quantunque parzialmente regredite dopo antibiotico. Il mio interesse per danni nel tronco encefalico in caso di malattia di Lyme nasce dal fatto che questo genere di danni è stato riscontrato nella ME/CFS (vedi qui) ed è associato a disfunzione dei gangli della base.

Il tronco encefalico
Il tronco encefalico è costituito essenzialemnte da tre strutture, il mesencefalo e il pons, che descrivo nel seguito (vedi figura 1), oltre che dalla medulla.
- Mesencefalo, una struttura anatomica da cui partono importanti vie dopaminergiche, in contiguità spaziale con l’ipotalamo, che costituisce la centralina del sistema nervoso autonomo e del sistema endocrino. Dal mesencefalo si dirama il nervo cranico III, che controlla il movimento dei bulbi oculari, la apertura dell’iride, e le palpebre (Johns P 2014).
- Pons, appena sotto il mesencefalo, raccoglie una enorme quantità di fasci nervosi ascendenti e discendenti. E’ l’origine di fasci ascendenti di neuroni colinergici, e di neuroni noradrenergici. Dal pons emergono il nervo craniale VII, coinvolto nei muscoli facciali e nella sensazione del gusto (Johns P 2014).
L’ha ribloggato su Searching for a way oute ha commentato:
Una malattia della materia bianca?
E’ interessante notare che le alterazioni al livello del tronco encefalico descritte nella ME/CFS (vedi qui) in generale non si ritrovano nella post-treatment Lyme disease syndrome (PTLDS), una condizione spesso assimilata alla ME/CFS (vedi questo post). In effetti uno studio SPECT del 1997 su 13 pazienti con sintomi cronici della malattia di Lyme, rivelò ipoperfusione principalmente in regioni fontali (corticali e sub-corticali) (Logigian EL et al. 1997). […]
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