Storia negli USA

Nel 1981 Willy Burgdorfer, uno studioso di entomologia medica che lavorava presso i Rocky Mountain Laboratories (Montana), rinvenne una nuova specie di spirocheta nell’intestino di zecche della specie Ixodes scapularis, raccolte a Long Island (New York) (Trevisan G in R). La stessa specie di aracnide era stata oggetto, pochi anni prima, dell’interesse da parte di un gruppo di ricercatori impegnati nello studio di una forma epidemica di artrite in tre piccoli comuni sulla riva est del fiume Connecticut, immediatamente a nord di Long Island (vedi Figura 1).

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Figura 1. Il villaggio di Lyme si trova sulla riva est del fiume Connecticut, immediatamente a nord di Long Island, il luogo in cui furono raccolti gli esemplari di Ixodes scapularis nei cui intestini Willy Burgdorfer rinvenne i primi esemplari conosciuti di B. burgdorferi.

L’artrite colpiva prevalentemente i bambini, con un picco di incidenza in estate e nel primo autunno, era accompagnata da sintomi quali fatica, mialgia, febbre e mal di testa ed era spesso preceduta da una caratteristica lesione cutanea e dal morso di una zecca. In un articolo del 1977, Allan Steere e colleghi descrissero la patologia e la chiamarono “artrite di Lyme”, dal nome di uno dei tre paesini coinvolti nella epidemia (Steere AC et al. 1977), (Steere AC et al. 1977). L’insolita concentrazione di Ixodes scapularis nella cittadina di Lyme e dintorni, nonché il rinvenimento di un esemplare di questa specie su uno dei pazienti, indussero i ricercatori a ritenere che I. scapularis potesse in qualche modo causare la malattia, senza che fossero però in grado di dimostrare questa ipotesi (Steere AC et al. 1978), (Wallis RC et al. 1978). Quando Burgdorfer riconobbe una nuova spirocheta all’interno di I. scapularis, il sospetto che questo batterio potesse essere l’agente eziologico della malattia di Lyme dovette sorgere naturale. E fui lui a dimostrare la fondatezza di questa ipotesi, rilevando che il siero di un paziente conteneva anticorpi contro il batterio (Burgdorfer W et al. 1982). Il batterio (vedi Figura 2 e Figura 4) prese il nome di Borrelia burgdorferi, in suo onore.

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Figura 2. Esemplare tipo di Borrelia burgdorferi, da (Goldstein SF et al. 1996) con modifiche (disegno di Paolo Maccallini).

In Europa

Una storia analoga era stata già scritta in Europa a partire dal 1909, quando Arvid Afzelius dimostrò che il morso della zecca Ixodes ricinus (vedi Figura 3) poteva dar luogo a una lesione cutanea caratteristica, che chiamò Erithema chronicum mygrans (ECM). L’ECM era già stato associato a una condizione degenerativa della pelle, l’acrodermatitis chronica atrophicans (ACA) da Karl Herxeimer, fra gli altri, nel 1902. In seguito l’eritema migrante da morso da zecca fu descritto come prodromo di manifestazioni neurologiche (meningite linfocitaria e meningo-radiculo-neurite) da Charles Garin nel 1920 e da Alfred Bennwarth nel 1940, tra gli altri (Trevisan G in R).

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Figura 3. Vista dorsale di femmina adulta di Ixodes ricinus, da (Gilbert L et al. 2014) con modifiche (disegno di Paolo Maccallini).

In Italia

In Italia i primi casi di malattia di Lyme dimostrata da una sierologia positiva per B. burgdorferi furono descritti da Franco Crovato (1985) e da Giusto Trevisan (1986) e provenivano dalla costa ligure e dal carso triestino (Trevisan G et al. 1987). In particolare, il primo caso in assoluto fu descritto in Liguria da F. Crovato nel 1985. Si trattava di una donna di mezza età, che lavorava come contadina nei dintorni di Genova. Il soggetto si presentò dal medico nel luglio del 1983, con due lesioni cutanee – lisce e senza bordi – caratterizzate da una macchia centrale rossa, circondata da un anello dello stesso colore (Erythema Chronicum Migrans). Alcuni giorni dopo, la donna cominciò a soffrire di malessere, febbre, rigidità nucale e dolore in corrispondenza delle lesioni cutanee. Un ciclo di tetracicline fu quindi somministrato dal medico di base, il quale tuttavia non riconobbe il tipo di infezione. In agosto le macchie scomparvero e si manifestarono dolori articolari in corrispondenza del bacino e delle ginocchia. A settembre furono rilevati nel sangue della donna gli anticorpi IgG contro Borrelia burgdorferi sl (Crovato F et al. 1985). Sempre a Trieste si riuscì a isolare il primo esemplare italiano di B. burgdorferi sl da Ixodes ricinus (1987) (Cinco M et al. 1989) e il primo esemplare dalla cute di una persona affetta (1988), ad opera di Marina Cinco e Giusto Trevisan (Cinco M et al. 1992). Nel 1999 gli stessi autori isolarono a Trieste la prima Borrelia afzelii da un paziente con acrodermatite cronica atrofica (Trevisan G in R). Nel 2004 il gruppo di Trieste potè dimostrare che anche nei pazienti con eritema migrante (Lyme precoce) il materiale genetico di B. burgdorferi è presente tanto nel sangue periferico che nelle urine, suggerendo che il batterio è in grado di disseminarsi nell’ospite già durante le prime settimane dal morso (Pauluzzi P. et al. 2004).

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Figura 4. Principali caratteristiche anatomiche del Phylum delle Spirochaetes. La membrana esterna avvolge i flagelli periplasmatici, a cui si deve la grande mobilità di questi batteri, sia nei fluidi che nei tessuti solidi. I flagelli si avvolgono a loro volta intorno allo strato peptidoglicano, una struttura a cui compete la funzione di sostegno meccanico della parete cellulare. Sotto di esso si trova la membrana interna, che avvolge il citoplasma. Tra la membrana esterna e la membrana interna si trova lo spazio periplasmatico. Tutto ciò che è avvolto dallo strato peptidoglicano è detto cilindro protoplasmatico. Da (Russel J, Medical Microbiology, 1996) con modifiche (disegno di Paolo Maccallini).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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