Alcune settimane fa mi sono trovato davanti a un funzionario pubblico, con un ruolo di rilievo, che come risposta a delle richieste di servizi minimi e banali che mi spettano di diritto, ha osservato: “i malati rari devono cavarsela da soli”.
Sono passati due mesi da allora, e questa sua battuta, proferita con sicurezza, come se fosse una verità ovvia per lui, mi torna in mente in modo prepotente. Non lo diceva con rammarico, ma come una sorta di rimprovero o ammonimento, come si farebbe con uno studente che ha copiato: “i compiti devi farli da solo”.
Ho pensato alla mia storia, a tutto quello che ho dovuto passare negli ultimi 15 anni, alle umiliazioni, la sofferenza, i sacrifici, il lavoro fatto in solitudine sui libri per definire la diagnosi, le trasferte dolorose e spesso inutili in centri specialistici di ogni angolo di Italia; per arrivare un giorno davanti a lui a chiedere un servizio di assistenza minimo e banale, di cui non posso fare a meno, e avere quella risposta.
Probabilmente si dovrebbe chiedere un provvedimento disciplinare nei confronti di questa persona, ma per me sarebbe un lavoro troppo oneroso, viste le mie condizioni. Penso però a Fra Cristoforo che davanti a Don Rodrigo, punta il dito e esclama profeticamente: “…e in quanto a voi, sentite bene quel ch’io vi prometto. Verrà un giorno… “