Monica Embers (Tulane University) pubblica due nuovi studi sul modello animale di Lyme tardiva (R), (R).

Dieci macachi (Macaca mulatta) sono stati infettati con B. burgdorferi. Dopo 5 mesi (Lyme tardiva) sono stati trattati con doxyciclina orale (5 mg/kg) per un mese. Dopo altri 8 mesi sono stati sacrificati e diversi campioni di tessuto sono stati sottoposti a svariate indagini che hanno dimostrato la presenza di fenomeni infiammatori (infiltrati linfocitari) in corrispondenza di rare spirochete (figura 1). Questo macaco condivide con gli esseri umani il 97.5% del DNA (R) ed è dunque presumibilmente un buon modello animale di malattia di Lyme.

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Figura 1. Presenza di spirochete residue negli animali trattati, localizzate nel neuropilo cerebrale (regione compresa tra i corpi cellulari dei neuroni) (F), nel tronco encefalico (G) e in un nervo periferico della gamba (K).

Lo studio dimostra anche la esistenza di una infezione residua in due esemplari sieronegativi, confermando la nozione secondo la quale la sierologia può essere poco sensibile non solo nella fase iniziale (cosa ben nota e riconosciuta), ma anche nella fase tardiva della infezione (figura2). Si evince anche che la risposta immunitaria al C6, a volte usata come test di primo livello, non rimane positiva in tutti i casi di infezione persistente.

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Figura 2. Sopra la risposta anticorpale alle principali proteine immunogeniche di B.b. in 4 dei 10 individui studiati. Sotto il risultato di alcune indagini negli stessi individui. In rosso un individuo che risulta positivo al test della xenodiagnosi, ma è tuttavia sieronegativo. In verde un individuo che perde la sua risposta immunitaria nel tempo, pur essendo positivo alla xenodiagnosi. In blu un individuo che perde la risposta al C6, pur essendo positivo a diversi test diretti.

Secondo gli autori, questi dati suggeriscono che i sintomi cronici della malattia di Lyme siano dovuti alla sopravvivenza di alcuni esemplari di Borrelia in vari tessuti. Lo studio conferma un lavoro precedente dello stesso gruppo, sullo stesso modello animale (Embers, 2012). Risultati analoghi sono stati riportati in altri modelli animali (Hodzic, E et al. 2008), (Yrjänäinen, 2010).

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