Non sarebbe necessario scrivere una nota all’articolo pubblicato dall’Osservatorio Malattie Rare (O.ma.r.) sulla malattia di Lyme alcuni giorni fa [1], in cui si liquidano i possibili esiti cronici della patologia in parola come non esistenti o riconducibili ad altre patologie, “non ultime le patologie psichiatriche”. Non sarebbe necessario, ho scritto, perché coloro che si occupano professionalmente della malattia di Lyme, nonché i pazienti, sono consapevoli che in realtà le possibili sequele della infezione acuta da Borrelia burgdorferi sono ben documentate in letteratura e costituiscono un problema di enorme portata su cui si concentra oggi molta ricerca, spesso di alto profilo [2].
E allora perché questa preterizione? Perché un articolo divulgativo pubblicato da O.ma.r. ha notevole risonanza e – se incompleto o impreciso – rischia di alimentare false credenze tra i neofiti. L’articolo in questione è encomiabile nel divulgare nozioni preziose sulla fase acuta della malattia e nel mettere in guardia contro test e trattamenti non provati, ma è del tutto fuorviante nella parte dedicata alle sequele croniche (penultimo paragrafo).
La malattia di Lyme risponde alle attuali cure antibiotiche nel 90% dei casi. Questo significa che un decimo di coloro che ogni anno, in estate, contrae la malattia per il morso di un vettore (principalmente l’Ixodes ricinus in Europa) andrà incontro a una condizione cronica (cioè con durata superiore ai sei mesi) e debilitante, nota in seno alla comunità scientifica con il nome di post-treatment Lyme disease syndrome, PTLDS [3], [4]. Il nome scelto (che si potrebbe tradurre come Sindrome della malattia di Lyme dopo trattamento) sta a indicare che i pazienti sperimenteranno sintomi, nonostante i trattamenti della fase acuta.
La causa della PTLDS è al momento non nota. Alcuni studi supportano l’ipotesi che ci sia una disfunzione immunitaria in questi pazienti. Due studi hanno dimostrato la presenza di anticorpi contro il sistema nervoso centrale nella metà dei pazienti PTLDS [5], [6], solo per citare i più recenti. Per approfondimenti su questo argomento si legga qui e qui. La ricerca in questo campo continua [7].
Altri gruppi hanno dimostrato la persistenza del patogeno – dopo trattamento – sia nel modello animale della malattia di Lyme [8], [9], [10], che negli esseri umani [11], [12]. Presso la Columbia University è stata avviata una raccolta di tessuti provenienti da individui deceduti, che abbiano avuto una ben documentata infezione da Borrelia burgdorferi (link) proprio per indagare ulteriormente questo aspetto.
Numerosi sforzi e investimenti sono stati profusi recentemente nella ricerca di nuovi agenti antimicrobici per questa infezione, nella speranza di scongiurare le sequele croniche, da parte della Università di Stanford [13], [14], della Università Johns Hopkins [15], [16], [17], della Università Northeastern [18].
Nell’articolo di O.ma.r si legge che la sindrome in questione – chiamata impropriamente post-Lyme dall’autore – è caratterizzata da “sintomi soggettivi – e dunque non quantificabili – quali affaticabilità e difficoltà a concentrarsi”. A questo proposito è quasi superfluo ricordare che molti sintomi sono soggettivi, finché l’ingegneria non ci offre uno specifico strumento di misura: si pensi alla risonanza magnetica nella sclerosi multipla o all’elettroencefalogramma nella epilessia. In secondo luogo, questi sintomi sono solo in parte soggettivi, infatti i pazienti PTLDS presentano alterazioni quantificabili nel sistema immunitario [5], [6], nella espressione genica [19], nel metabolismo [20], etc.
Per quanto riguarda il riferimento all’ambito psichiatrico, vale la pena fare delle considerazioni. E’ senz’altro vero che le principali patologie psichiatriche (i disturbi dell’umore da un lato e le psicosi dall’altro) contemplano gli episodi infettivi come fattore di rischio [21], [22], tuttavia la PTLDS semplicemente non si sovrappone alle patologie psichiatriche, né nella presentazione clinica, né nella epidemiologia, per questo è una categoria nosografica a sé stante (vedi qui). Per fare un esempio concreto: negare l’evidenza, come sembra fare questo articolo, è una delle possibili manifestazioni della schizofrenia paranoide [23], ma né questo tipo di sintomi né altri sintomi patognomonici per malattie psichiatriche sono menzionati nella definizione di caso della PTLDS [4].
Paolo Maccallini
Riferimenti
- Orzes, E. (2019, Nov. 7). Malattia di Lyme, attenzione alle false credenze. O.ma.r. (link)
- Instutute of Medicine (2011, Apr. 20). Critical Needs and Gaps in Understanding Prevention, Amelioration, and Resolution of Lyme and Other Tick-Borne Diseases: The Short-Term and Long-Term Outcomes – Workshop Report. Cap. 7 (link).
- Centers for Disease Control and Prevention. Post-Treatment Lyme Disease Syndrome. (link).
- Aucott, J., Crowder, L., & Kortte, K. (2013). Development of a foundation for a case definition of post-treatment Lyme disease syndrome. Int J Infect Dis, 17(6), p. e443-e449. (link).
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Sono d’accordo Paolo. Solo chi ci è dentro può capire. Io sono stato cacciato dall’ospedale di Negrar. Ricovero 8 giorni e lyme conclamata con esenzione ra0030
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