Catullo ha scritto quasi 21 secoli fa ma è contemporaneo, sia per il linguaggio che per il contenuto. Solo la lingua è antica; ma sopravvissuta plus uno perenne saeclo, se si pensa che ancora all’inizio del Novecento il latino si usava per gli articoli scientifici (R) e Newton usò il latino per scrivere quella che è (e forse rimarrà per sempre) la singola opera scientifica più importante in assoluto, i Philosophiae Naturalis Principia Mathematica (1687). Non dico nulla di nuovo, lo so; ma può darsi che, se tornerete a Catullo dopo una vita, scoprirete davvero questa banalità per la prima volta, come è successo a me. Catullo ha detto già tanto, forse tutto, sull’amore, l’amicizia, e il dolore. E quello che manca non ha potuto dirlo solo perché quella notte che est perpetua una dormienda, per lui è arrivata troppo presto, negandogli le esperienze della maturità e della vecchiezza. Ma in fondo, si dice, i poeti (come i matematici) non possono sopravvivere alla giovinezza, se non a costo di cambiare mestiere.

I carmi di Catullo sono come i vecchi codici di integrazione numerica in FORTRAN: un paradigma che si ripete in ogni linguaggio, mai più universale però come la prima volta. Scritti una volta per tutte, destinati ad essere copiati per sempre: in Python, Matlab, Julia, Octave, R, e tutti i compilatori che verranno.

Qui propongo la traduzione di due carmi, tra i più famosi (come se ce ne fosse bisogno): il carme CI l’ho reso in endecasillabi, il carme VIII con versi composti, forzati dalle interrogative finali, che non sembrano ammettere una riduzione. Una traduzione è sempre opera del traduttore, non sarà mai fedele: la speranza di rendere i suoni, le allitterazioni, e il ritmo è talmente vana da essere folle. E poi la grafia, anche quella forse conta: le V con la loro simmetrica decisione, le P al vento, le morbide B. Tutto significa qualcosa e non tutto è traducibile. Catullo poi sembra davvero non avere bisogno di essere attualizzato: è un uomo come noi. Per cui questo è soprattutto un invito a rileggere l’originale.   

Con la speranza, nel tempo, di aggiungere altre traduzioni, anche di altri autori.     

(Foto: affresco della Villa dei Misteri, Pompei, prima del 23 d.C.)

Catulli veronensis carmina, CI (3 agosto 2022)

Per distese di acque, di gente in gente
giungo qui al tuo mesto funerale
per onorarti con l'ultimo dono
e parlare alla tua cenere muta,
fratello che la sorte mi ha già tolto,
strappato, ahimè, così crudelmente. 
Accetta doni funebri almeno,
secondo la tradizione dei padri,
bagnati del pianto mio fraterno.
Ti saluto, ora e per sempre addio.   

Per il testo originale e la lettura metrica si veda qui.
Catulli veronensis carmina, VIII (luglio 2022)

Povero Catullo, dalla follia desisti,
e ora accetta che ciò che è perduto è perso.
Giorni luminosi brillarono un tempo,
quando ti affannavi dietro i capricci
dell'amata come amata nessuna mai,
si consumavano gli infiniti giochi
d'amore che bramavi e lei non negava.
Davvero brillarono giorni luminosi.
Ma lei ora non vuole più e tu fa' altrettanto,
non rincorrerla, affràncati dalla miseria,
ma sopporta con animo ostinato, resisti.
Addio, ragazza, ti resisterà Catullo,
non ti cercherà più, non ti vorrà se non vuoi:
ma soffrirai quando non sarai più voluta.
Maledetta! Dove ti porta ora la vita?
Chi verrà ora a trovarti? Per chi sarai bella?
Chi amerai ora? Di chi sarai per il mondo?
Chi bacerai? A chi morderai le labbra?
Ma tu Catullo ostinatamente persisti.  

Il verso 5 (amata nobis quam amabitur nulla) lo si ritrova quasi identico nel carme XXXVII, verso 12 (amata tantum quam amabitur nulla). Eppure tanto il carme VIII scorre su una nota di delicata sensibilità, quanto il 37 esprime una violenta, sconcertante, volgarità (si veda qui per una traduzione del XXXVII).

Per il testo originale e la lettura metrica si veda qui.
Catulli veronensis carmina, I (agosto 2022)

A chi dedico il nuovo libello,
gioiello emendato d'ogni difetto?
A te che eri solito, Cornelio,
lodare queste mie cose da nulla,
da quando solo sulla Penisola
di tutto il Tempo ti cimentavi
in tre volumi ponderosi e dotti,
per Giove, a raccontare ricordi.
Accetta pertanto questo libello,
per ciò che vale e che sopravvivere,
Signora fanciulla, possa per sempre.

Per il testo originale e la lettura metrica si veda qui.
Aeneis, Liber II, v 201-224 (Agosto 2022)

Assegnato al culto del dio Nettuno
Laocoonte un degno toro offriva.
Ma da Tenedo adesso le calme acque
sovrastano immensi due serpenti
che speculari puntano la costa,
i colli eretti tra i flutti, vermiglie
le creste sopra le onde, immensa mole
del corpo si snoda, e sfiora il mare.
Scroscio di schiuma, e sono sulla riva,
gli occhi iniettati di sangue di fuoco,
lingue vibranti e labbra sibilanti.
Fuggiamo, a Laocoonte aspirano,
ma prima i piccoli corpi dei figli
ambedue i serpenti avvolti stringon
e ingoiano i morsi dei miseri arti.
Poi assalgono il padre accorso in aiuto
armato che nelle spire è legato;
e già su di lui torreggiano, stretto
due volte il busto, per due il collo avvinto. 
Mentre tenta di liberare i nodi,
le vesti pregne di bava letale,
grida disumane lancia alle stelle,
qual mugge il toro che l'altare fugge
scuotendo il collo, la malferma scure.

Reso in edencasillabi. Di seguito riporto il conteggio delle sillabe, tenendo conto delle sinalefe.

assegnatoalcultodeldioNettuno
Laocoontedegnotorooffriva
madaTenedoadessolecalmeacque
sovrastanoimmensidueserpenti
chespecularipuntanolacosta
icollierettitraifluttivermiglie
lecrestesopraleondeimmensamole
delcorposisnodaesfiorailmare
scrosciodischiumaesonosullariva
gliocchiiniettatidisangueedifuoco
linguevibrantielabbrasibilanti
fuggiamoalaocoonteaspirano
maprimaipiccolicorpideifigli
ambedueiserpentiavvoltistringon
eingoianoiorsideimiseriarti
poiassalgonoilpadreaccorsoinaiuto
armatochenellespireèlegato
egiàsudiluitorreggianostretto
duevolteilbustoperdueilcolloavvinto
mentretentadiliberareinodi
levestipregnedibavaletale
gridadisumanelanciaallestelle
qualmuggeiltorochelaltarefugge
scuotendoilcollolaalfermascure

L’intero secondo libro della Eneide in latino si trova qui. In particolare, i versi tradotti sono i seguenti.

Laocoon, ductus Neptuno forte sacerdos,
solemnes taurum ingentem mactabat ad aras. 
Ecce autem gemini a Tenedo tranquilla per alta
(horresco referens) immensis orbibus angues
incumbunt pelago, pariterque ad litora tendunt:
pectora quorum inter fluctus arrecta, iubaeque
sanguineae exsuperant undas: pars cetera pontum
pone legit, sinvatque immensa volumine terga.
Fit sonitus spumante salo: iamque arva tenebant,
ardentesque oculos suffecti sanguine, et igni,
sibila lambebant linguis vibrantibus ora.
Diffugimus visu exsangues: illi agmine certo
Laocoonta petunt, et primum parva duorum
corpora natorum serpens amplexus uterque
implicat, et miseros morsu depascitur artus.
Post ipsum auxilio subeuntem ac tela ferentem
corripiunt spirisque ligant ingentibus; et iam
bis medium amplexi, bis collo squamea circum
terga dati, superant capite et cervicibus altis.
Ille simul manibus tendit divellere nodos
perfusus sanie vittas atroque veneno;
clamores simul horrendos ad sidera tollit,
quales mugitus, fugit cum saucius aras
taurus et incertam excussit cervice securim.
At gemini lapsu delubra ad summa dracones
effugiunt, saevaeque petunt Tritonidis arcem,
sub pedibusque deae, clypeique sub orbe teguntur.

Di seguito le medesime parole, disposte nella costruzione italiana, con una traduzione parola per parola.

Laocoon, ductus sacerdos Neptuno forte, mactabat ingentem taurum ad aras solemnes.
Laocoonte, nominato sacerdote di Nettuno per sorteggio, uccideva un grande toro presso i solenni altari.
Ecce autem a Tenedo per alta tranquilla [aequora] angues gemini (horresco referens) incumbunt pelago immensis orbibus, pariterque tendunt ad litora:
Ma ecco che da Tenedo, attraverso le acque tranquille, due serpenti gemelli (inorridisco nel raccontarlo) sovrastano il mare con le spire immense, e puntano la riva all’unisono:
pectora quorum arrecta [sunt] inter fluctus, iubaeque sanguineae exsuperant undas: pars cetera legit pontum, pone, sinvatque volumine immensa terga [= terga immenso volumine, ipallage].
i petti dei quali sono eretti sui flutti, e le creste vermiglie si innalzano oltre le onde: il resto del corpo sfiora il mare, dietro, e snoda il dorso in immense spire.
Sonitus fit salo spumante: iamque tenebat arva et, oculos ardentes [acc. di rel.] suffecti sanguine et igni, lambebant sibila ora linguis vibrantibus.
Un gorgoglio è generato dalla mare spumeggiante: già avevano raggiunto la costa e, con occhi ardenti iniettati di sangue e fuoco, lambivano le bocche sibilanto con lingue vibranti.
Diffugimus exangues visu: illi petunt Laocoonta, agmine certo, et primum uterque serpens amplexus implicat parva corpora duorum natorum, et depascitur miseros artus morsu.
Scappiamo con visi esangui: essi puntano Laocoonte, con andatura decisa, e prima i due serpenti stringono, avvolti, i piccoli corpi dei due figli, e divorano i miseri arti a morsi.
Post corripiunt ipsum [Laocoonta], auxilio subeuntem ac tela ferentem, et ligant spiris ingentibus;
Quindi assalgono lo stesso Laocoonte, che accorre in soccorso e porta delle armi, e lo avvincono con le ingenti spire;
et iam amplexi bis medium [acc. di rel.], circumdati [timesi] squamea terga [acc. di rel.] bis collo, superant altis capite et cervicibus.
e stretto due volte il busto [di Laocoonte], due volte avvolte intorno al collo le terga squamose, già torreggiano con il collo e il capo.
Ille simul tendit divellere nodos manibus, vittas perfusus [acc. alla greca] sanie et atro veneno; simul tollit horrendos clamores ad sidera:
Lui, con le bende imbevute di bava e veleno nero, tenta di sciogliere i nodi con le mani mentre leva orrende grida al cielo,
quales mugitus taurus [tollit], cum fugit saucius aras, et excussit incertam securim cervice.
come i muggiti del toro che fugge ferito dall’altare mentre si squote dal collo la scure malferma.
At gemini dracones effugiunt lapsu ad summa delubra, et petunt arcem saevae Tritonidis, et teguntur sub pedibus deae, et sub orbe clypei.
E i draghi gemelli fuggono strisciando verso gli alti santuari, e si dirigono all’altare della ostile Tritonia [Atena], e si nascondono sotto i piedi della dea, sotto il cerchio dello scudo.
Aeneis, Liber IV, v 607-621 (Gennaio 2023)

Sole, tu che illumini i giorni umani,
Giunone, che sai del mio dolore,
Ecate, che tormenti i sonni urbani.

E voi Dire e dèi d'Elissa che muore,
se sventura benevolenza vale,
ascoltatemi. Poiché l'impostore

le ancore getterà al litorale
e questo Giove comanda che accada,
almeno che un nemico eccezionale

incontri, solitario esule vada,
implori aiuto, e veda le morti
amare dei suoi e la vita non goda  

e il trono e il regno a pace iniqua porti.
Ma cada anzitempo e senza sepolcro.
Ciò chiedo col sangue per le sue sorti.

Terzine con rime ABA, BCB, …. Di seguito riporto il conteggio delle sillabe, tenendo conto delle sinalefe.

Soletucheilluminiigiorniumani
Giunonechesaidelmiodolore
Ecatechetormentiisonniurbani
evoiDiraeedéid’Elissachemuore
sesventurabenevolenzavale
ascoltatemipoichél’impostore
leancoregetteallitorale
equestoGiovecomandacheaccada
almenocheunnemicoeccezzionale
incontrisolitarioesulevada
imploriaiutoevedalemorti
amaredeisuoielavitanongoda
eiltronoeilregnoapaceiniquaporti
Macadaanzitempoesenzasepolcro.
Ciòchiedocolsangueperlesuesorti
L'intero quarto libro della Eneide in latino si trova qui. In particolare, i versi tradotti sono i seguenti.

Sol, qui terrarum flammis opera omnia lustras;
tuque harum interpres curarum et conscia, Iuno,
nocturnisque Hecate triviis ululata per urbes,
et Dirae ultrices, et di morientis Elisae,
accipite haec: meritumque malis advertite numen,
et nostras audite preces. Si tangere portus
infandum caput, ac terris adnare necessest:
et si fata Iovis poscunt; hic terminus haeret:
at bello audacis populi vexatus, et armis,
finibus extorris, complexu avulsus Iuli,
auxilium imploret, videatque indigna suorum
funera: nec, cum se sub leges pacis iniquae
tradiderit, regno aut optata luce fruatur:
sed cadat ante diem mediaque inhumatus arena.
Haec precor, hanc vocem extremam cum sanguine fundo. 

Di seguito le medesime parole, disposte nella costruzione italiana, con una traduzione parola per parola.

Sol, qui flammis opera omnia terrarum lustras;
Sole, che illumini con il fuoco tutte le attività della Terra;
et tu, Iuno, interpres et conscia harum curarum,
e tu, Giunone, intermediaria e complice di questi affanni
et Hecate ululata nocturnis triviis per urbes,
e Ecate, invocata con ululati nei trivi di notte, per le città,
et Dirae ultrices, et di morientis Elisae,
e Dirae vendici, e dèi di Elissa che muore
accipite haec: et advertite malis meritum numen, et nostras audite preces.
accettate queste [parole] e rivolgete alle sventure la meritata benevolenza, e ascoltate le mie preghiere.
Si necessest infandum caput tangere portus ac terris adnare et si fata Iovis poscunt
Se è inevitabile che lo scellerato debba toccare il porto e raggiungere la terra e questo stabilisce il volere di Giove,
hic terminus haeret: at vexatus bello et armis audacis populi,
che così sia: almeno sia vessato dalla opposizione armata di un popolo audace,
finibus extorris, avulsus complexu Iuli, auxilium imploret,
sia bandito dal territorio, lontano dall’abbraccio di Iulio, implori aiuto,
videatque indigna suorum funera: nec, cum se tradiderit sub leges iniquae pacis, regno aut optata luce fruatur:
assista alla morte indegna dei suoi, né – sottopostosi a un patto iniquo di pace – goda il regno e la dolce vita:
sed cadat ante diem et inhumatus media arena.
ma cada anzi tempo e resti senza sepoltura sulla spiaggia.
Haec precor, hanc vocem extremam cum sanguine fundo.
Di questo vi supplico; queste ultime parole pronuncio col sangue.
Catulli veronensis carmina, V (Buenos Aires, 11 febrero 2023)

Lasciati amare, Lesbia, e vivere
e i commenti dei vecchi, invidiosi
valgano le monete più misere.

Giorni seguono giorni luminosi
ma esaurito il nostro breve incanto
per sempre dormiremo silenziosi.

Dammi mille baci, e poi altri cento,
dammene ancora mille e cento ancora,
poi mille e più sulle labbra un accento.

E se su migliaia sorge l'aurora
ne confondiamo il numero perché
non è malevolo chi gioia ignora, 
chi non sa quanti baci, tra te e me.  

Per il testo originale e la lettura metrica si veda qui. 
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