In questa intervista TV a Jennifer Brea – tra le tante altre cose – la regista del documentario Unrest accenna al fatto che, nonostante un recupero cognitivo notevole dovuto a varie terapie e strategie, non legga un libro da sei anni (5:20). Per questo si è “reinventata” come artista visuale.
Considerando che prima di ammalarsi 6 anni fa, la dr.ssa Brea stava completando un dottorato di ricerca ad Harvard, questo aspetto della sua condizione sembra particolarmente grave e secondo me questa faccia della ME/CFS non è evidenziata abbastanza.
Si parla molto delle limitazioni fisiche dovute alla malattia, ma non si dice quasi nulla dei danni cognitivi. Forse è pudore, o forse questi deficit sono presenti solo in un sottoinsieme di pazienti, visto che i criteri IOM riportano i deficit cognitivi come sintomo accessorio (deficit cognitivi e/o intolleranza ortostatica). Ed è come se coloro che presentano questi sintomi fossero isolati nella stessa comunità dei pazienti, emarginati fra gli emarginati.
Dal mio punto di vista questi sintomi, se presenti, sono i più gravi. Quelli con le conseguenze più pesanti nella vita delle persone. I più umilianti, anche. In fondo se si perdesse completamente l’uso del corpo e si mantenesse tuttavia una mente integra, si rimarrebbe comunque degli esseri umani, comunque se stessi. Il viceversa è inconcepibile.
Il fatto di vivere in casa da più di 15 anni, gravitando intorno a un letto, per me ha avuto un impatto irrisorio se confrontato alla sofferenza e alle limitazioni dovute ai danni cognitivi.