Sole, tu che illumini i giorni umani,
Giunone, che sai del mio dolore,
Ecate, che tormenti i sonni urbani.
E voi Dire e dèi d'Elissa che muore,
se sventura benevolenza vale,
ascoltatemi. Poiché l'impostore
le ancore getterà al litorale
e questo Giove comanda che accada,
almeno che un nemico eccezionale
incontri, solitario esule vada,
implori aiuto, e veda le morti
amare dei suoi e la vita non goda
e il trono e il regno a pace iniqua porti.
Ma cada anzitempo e senza sepolcro.
Ciò chiedo con il sangue, per le sue sorti.
Terzine con rime ABA, BCB, …. Di seguito il conteggio delle sillabe, tenendo conto delle sinafele.
So
le
tu
cheil
lu
mi
nii
gior
niu
ma
ni
Giu
no
ne
che
sai
del
mi
o
do
lo
re
E
ca
te
che
tor
men
tii
son
niur
ba
ni
e
voi
Di
ree
déi
d’E
lis
sa
che
muo
re
se
sven
tu
ra
be
ne
vo
len
za
va
le
as
col
ta
te
mi
poi
ché
l’im
pos
to
re
lean
co
re
get
te
rà
al
li
to
ra
le
e
ques
to
Gio
ve
co
man
da
cheac
ca
da
al
me
no
cheun
ne
mi
coec
cez
zio
na
le
in
con
tri
so
li
ta
rioe
su
le
va
da
im
plo
ria
iu
to
e
ve
da
le
mor
ti
a
ma
re
dei
suoie
la
vi
ta
non
go
da
eil
tro
noeil
re
gnoa
pa
cei
ni
qua
por
ti
Ma
ca
daan
zi
tem
poe
sen
za
se
pol
cro.
Ciò
chie
do
col
san
gue
per
le
sue
sor
ti
L'intero quarto libro della Eneide in latino si trova qui. In particolare, i versi tradotti sono i seguenti.
Sol, qui terrarum flammis opera omnia lustras;
tuque harum interpres curarum et conscia, Iuno,
nocturnisque Hecate triviis ululata per urbes,
et Dirae ultrices, et di morientis Elisae,
accipite haec: meritumque malis advertite numen,
et nostras audite preces. Si tangere portus
infandum caput, ac terris adnare necessest:
et si fata Iovis poscunt; hic terminus haeret:
at bello audacis populi vexatus, et armis,
finibus extorris, complexu avulsus Iuli,
auxilium imploret, videatque indigna suorum
funera: nec, cum se sub leges pacis iniquae
tradiderit, regno aut optata luce fruatur:
sed cadat ante diem mediaque inhumatus arena.
Haec precor, hanc vocem extremam cum sanguine fundo.
Di seguito le medesime parole, disposte nella costruzione italiana, con una traduzione parola per parola.
Sol, qui flammis opera omnia terrarum lustras;
Sole, che illumini con il fuoco tutte le attività della Terra;
et tu, Iuno, interpreset consciaharum curarum,
e tu, Giunone, intermediaria e complice di questi affanni
et Hecate ululata nocturnistriviis per urbes,
e Ecate, invocata con ululati nei trivi di notte, per le città,
et Dirae ultrices, et di morientis Elisae,
e Dirae vendici, e dèi di Elissa che muore
accipite haec: et advertite malis meritumnumen, et nostras audite preces.
accettate queste [parole] e rivolgete alle sventure la meritata benevolenza, e ascoltate le mie preghiere.
Si necessestinfandum caput tangere portusac terris adnareet si fata Iovis poscunt
Se è inevitabile che lo scellerato debba toccare il porto e raggiungere la terra e questo stabilisce il volere di Giove,
hic terminus haeret: at vexatus bello et armisaudacis populi,
che così sia: ma almeno sia vessato dalla opposizione armata di un popolo audace,
finibus extorris, avulsus complexu Iuli, auxilium imploret,
sia bandito dal territorio, lontano dall’abbraccio di Iulio, implori aiuto,
videatque indigna suorum funera: nec, cum se tradideritsub leges iniquae pacis, regno aut optata luce fruatur:
assista alla morte indegna dei suoi, né – sottopostosi a un patto iniquo di pace – goda il regno e la dolce vita:
sed cadat ante diem et inhumatus media arena.
ma cada anzi tempo e resti senza sepoltura sulla spiaggia.
Haec precor, hanc vocem extremam cum sanguine fundo.
Di questo vi supplico; queste ultime parole pronuncio col sangue.
La foto di copertina è un fotogramma dello sceneggiato “Eneide”, diretto da Franco Rossi (1971). Rappresenta Didone, interpretata da Olga Karlatos.
Cosa pensò Michelangelo, in quel giorno di gennaio del 1506, davanti al gruppo del Laocoonte, appena dissotterrato da un campo, sul Colle Oppio? Michelangelo aveva quasi 31 anni: siamo dopo il Bacco, la Pietà e il David; prima della Cappella Sistina, e delle statue originariamente intese per la tomba di Giulio Secondo, e di quelle destinate alle tombe medicee. Per Michelangelo il Laocoonte della seconda metà del primo secolo a.C. dovette rappresentare una visione del proprio futuro, più che un cimelio di un lontanissimo passato.
Il rinvenimento del superbo capolavoro di Hagesander et Polydorus et Athenodorus rhodii, originariamente collocato in Titi imperatoris domo, secondo Plinio il Vecchio (Nat. Hist. XXXVI, 37, Ref), viene ricostruito da Irving Stone, nel suo The Agony and the Ecstasy:
Francesco Sangallo broke into the room, crying, “Father! They’ve unearthed a big marble statue in the old palace of Emperor Titus. His Holiness wants you to go at once and supervise excavating it.”A crowd had already gathered in the vineyard behind Santa Maria Maggiore. In a hollow, the bottom half still submerged, gleamed a magnificent bearded head and a torso of tremendous power. Through one arm, and turning around the opposite shoulder, was a serpent; on either side emerged the heads, arms and shoulders of two youths, encircled by the same serpent. Michelangelo’s mind flashed back to his first night in Lorenzo’s studiolo. “It is the Laocoön,” Sangallo cried. “Of which Pliny wrote!” added Michelangelo.
Irving Stone, The Agony and the Ecstasy, Book VII
La fonte qui è una memoria dell’infanzia del Francesco da Sangallo menzionato, figlio di Giuliano, architetto quest’ultimo che a Roma faceva parte, insieme a Michelangelo, di un circolo di artisti fiorentini attratti dalle commissioni papali. E a proprosito della biografia michelangiolesca di Irving Stone: l’autore non è uno storico dell’arte, non è un artista figurativo, non conosce l’italiano e poté usare solo le traduzioni delle fonti (quando disponibili); e non si può dire che sia un Tolstoj. Eppure il suo romanzo del 1961 (all’epoca molto popolare e tradotto anche in un bel film) è un piacevole catalogo delle opere di Michelangelo, contestualizzate, e di molte delle notizie biografiche disponibili all’epoca della stesura.
Non sappiamo cosa deve aver pensato Michelangelo, dicevo. Se davvero il suo San Matteo aveva già l’impostazione definitiva quando lo scultore lo lasciò a Firenze per partire alla volta di Roma nel 1505, egli dovette trovarsi davanti ad una versione compiuta ed estremamente evoluta della sua visione; se invece il San Matteo fu ritoccato in seguito, allora Agesandro, Polidoro e Atenodoro erano con lui, nel suo studio, mentre lavorava sul santo. Quale che sia la cronologia del San Matteo, in ogni caso l’impatto dei tre scultori di Rodi, morti e decoposti da 15 secoli, deve essere stato significativo su Michelangelo, che di certo ha presente il busto del Laocoonte mentre tenta di liberare dal “soverchio” del marmo lo schiavo morente e lo schiavo ribelle (1513).
2. Torsione nell’arte e nella natura
Ma saremmo ingiusti se concludessimo che la successione degli avvitamenti inseguiti da Michelangelo dopo il gennaio del 1506 sia completamente condizionata dal Laocoonte: basta guardare la battaglia dei centauri che Michelangelo scolpisce da adolescente, dove si trova un inventario di tutte le forme che svilupperà nella sua vita, per accorgersi che semplicemente il fiorentino era arrivato alla medesima conclusione dei colleghi di Rodi, indipendentemente; in un’altra vita, in un altro mondo. E a proprosito, una riflessione veloce sulla torsione che ricorre nell’arte. La sintesi della torsione è l’elica, curva che la Natura usa di frequente: si pensi alla elica alpha delle proteine, alla doppia elica del DNA, alla parete cellulare delle spirochete, alla struttura del collagene, ai gusci dei Gastropoda; l’elica e la sua proiezione sul piano ortogonale all’asse, la spirale, ricorre dicevo nell’arte: si trova in Michelangelo, in Giambologna (vedi il ratto della Sabina), in Van Gogh, nelle colonne tortili del Barocco, in alcune statue ellenistiche, nelle scale (vedi la scala di Pierluigi Nervi per lo stadio di Firenze), persino nei campanili (vedi Sant’Ivo alla Sapienza), solo per fare qualche esempio; e conferisce una idea di moto a oggetti che sono fermi. La cosa interessante è che il campo delle velocità di un qualunque corpo rigido congelato in un fotogramma del suo moto è proprio un campo elicoidale. Infatti, la velocità del generico punto P del solido, in un dato istante t, è descritta dalla equazione vettoriale
Eq. 1)
dove O è un altro punto del corpo (o dello spazio solidale ad esso) e dove è la velocità angolare (vedi qui, cap IV). Ora, se si prende la curva per P la cui tangenete è e la si prolunga in modo che sia tangente in ogni suo punto al valore del campo delle velocità in quello stesso punto, si ottiene una elica, comunque si scelga P (Figura 1). L’elica cioè descrive proprio la matrice matematica del moto dei corpi nello spazio, oltre ad essere, come visto, una costante nelle forme naturali, microscopiche, nanoscopiche, e macroscopiche. E sebbene queste nozioni di cinematica siano posteriori ai Philosophiae Naturalis Principia Mathematica (1687), gli artisti hanno sempre usato l’elica esattamente per suggerire una idea di moto, senza contare il fatto che l’elica sembra anche inscrivere in sé ulteriori connotazioni emotive e significati. L’elica, che non ha piani di simmetria (sebbene abbia punti di simmetria), è stata usata per animare le forme simmetrche, a un certo punto della storia dell’arte, essendo la simmetria forse il criterio di bellezza originario, quello a cui allude il poeta-pittore William Blake: “What immortal hand or eye could frame thy fearful simmetry?” (The Tyger, 1794).
Figura 1. Due curve tangenti, punto per punto, al medesimo campo vettoriale elicoidale. Il codice che genera questa figura è in appendice (risolve numericamente un sistema di tre equazioni differenziali). Sono indicati anche i versori del campo elicoidale per alcuni dei punti delle curve.
Io stesso tendo ad usare la torsione nelle mie composizioni: in Figura 2, il personaggio di spalle ha la testa che punta verso destra, mentre i suoi piedi si intuisce puntino a sinistra; dunque attraverso la sua lunghezza si realizza una rotazione del piano coronale (o frontale) di quasi 90°.
Figura 2. “You can’t win”, matita su carta, di Paolo Maccallini. Il disegno è ancora incompleto.
3. Creatori di mostri
Il Laocoonte dunque nasce una seconda volta nel 1506. Ma cosa si può dire della sua vera nascita? Tralasciando il dibattito sulla presunta presenza di un originale in bronzo più antico di un secolo, siamo davanti all’intrigante questione del rapporto tra la statua e i versi 201-224 del secondo libro della Eneide, che seguono la medesima narrazione. Virgilio scrisse l’Eneide tra il 29 e il 19 a.C.; il gruppo marmoreo fu prodotto tra il 40 e il 20 dello stesso secolo. Chi ha ispirato chi? Immagino che questa sia una domanda formulata più volte da menti ben più preparate della mia in questo genere di esercizi; io osservo solo che mentre Virgilio preferisce dei mostri (li chiama angues, serpens, dracones) che non hanno una corrispondenza con la zoologia nota (dimensioni a parte, sono serpenti con creste vermiglie: iubaeque sanguineae exsuperant undas), gli autori di Rodi decidono di seguire pedissequamente la natura, usando due pitoni, o qualcosa di molto simile a questo serpente africano, probabilmente non sconosciuto alle culture mediterranee. Riflettendo sulla scelta dei tre scultori, mi sono venute in mente le parole del costruttore di mostri per eccellenza, l’inventore della meccatronica applicata al cinema, Carlo Rambaldi, il quale in un libro del 1987 dice:
Se cerchi di andare al di là della natura e realizzare una cosa assolutamente fantastica, sei libero di fare quello che vuoi; ma se devi imitare la natura – e l’abbiamo sperimentato più volte – conviene guardare la natura.
Leonardo Pellizzari (a cura di), Carlo Rambaldi e gli Effetti Speciali, 1987
Si può dire certo che le creste non sarebbe stato possibile renderle in marmo, ed è vero probabilmente, tuttavia sono convinto che i tre di Rodi abbiano seguito il percorso mentale di Rambaldi; traiettoria che anche io, nei miei tentativi di disegno e nei miei sogni ingegneristici, ho preconizzato. Altrimenti detto: la Natura ha sempre più fantasia degli esseri umani. E la investigazione scientifica non ha fatto che confermarmi questa intuizione.
Segue la mia traduzione, in endecasillabi, dei versi di Virgilio menzionati sopra, e in appendice trovate il computo delle sillabe, i versi originali, la parafrasi in latino e la traduzione letterale.
Assegnato al culto del dio Nettuno
Laocoonte un degno toro offriva.
Ma da Tenedo adesso le calme acque
sovrastano immensi due serpenti
che speculari puntano la costa,
i colli eretti tra i flutti, vermiglie
le creste sopra le onde, immensa mole
del corpo si snoda, e sfiora il mare.
Scroscio di schiuma, e sono sulla riva,
gli occhi iniettati di sangue di fuoco,
lingue vibranti e labbra sibilanti.
Fuggiamo, a Laocoonte aspirano,
ma prima i piccoli corpi dei figli
ambedue i serpenti avvolti stringon
e ingoiano i morsi dei miseri arti.
Poi assalgono il padre accorso in aiuto
armato che nelle spire è legato;
e già su di lui torreggiano, stretto
due volte il busto, per due il collo avvinto.
Mentre tenta di liberare i nodi,
le vesti pregne di bava letale,
grida disumane lancia alle stelle,
qual mugge il toro che l'altare fugge
scuotendo il collo, la malferma scure.
4. L’antitodo
Il Laocoonte, di marmo o di versi, è dunque la rappresentazione della sofferenza senza luce: una famiglia è spazzata via con una agonia inimmaginabile, quella del cervo mangiato vivo dal predatore, con l’aggravante della consapevolezza della morte. E poi c’è un dolore ancora più grande, inconcepito, innominabile forse: quello della moglie e madre.
Laocoonte, che qualche verso prima tentava di avvisare i troiani sulla pericolosità del cavallo di legno (“timeo Danaos et dona ferentes”), è la voce della ragione davanti al destino oscuro dell’uomo, quello di finire nel gorgo e scomparire; i troiani sono la voce della speranza, che rischia di cadere in trappola (lo vediamo nel fiorire della medicina alternativa per le malattie senza cura e nelle promesse di resurrezione dei vari culti). E’ l’islandese di Leopardi, la voce di Tolstoj in “Confessione”. E’ quello che resta, al netto delle religioni orientali che vennero dopo il mondo pagano, come antidoto. Non è un caso che Stefano Benni posizioni una copia di questa statua nella dimora del suo Achille pié veloce. Eppure nella statua stessa, nel monumento alla cognizione del dolore, c’è un antidoto: la creazione superba, la maestria, il talento strabordante, lo studio minuto della Natura. Il Laocoonte è esso stesso l’antitodo al veleno, sia nel marmo che nei versi. Ed è per questo che menziono nel titolo e nel testo il volume di Gadda: la sua Cognizione del Dolore, con la morte del fratello, la vecchiezza della madre vedova poi uccisa, la follia lucida del figlio che forse assassina la madre (forse no, c’è un indizio nel romanzo), è completamente priva di assoluzione, di resurrezione; se non nel virtuosismo linguistico e nell’analisi della natura umana. Sono opere queste che mostrano l’abisso e allo stesso tempo vi costruiscono sopra un ponte.
Figura 3. Baccio Bandinelli, Laocoonte, 1520-1525, Galleria degli Uffizi.Foto di Paolo Maccallini.
La foto che ho usato in Figura 3 non è del Laocoonte di Agesandro, Polidoro e Atenodoro, lo so. Non si tratta di un errore. La statua degli scultori di Rodi la trovate con la ricerca per immagini su Google, amesso che non sia scolpita nella vostra mente. Questo Laocoonte è la copia di Baccio Bandinelli, un artista che fu costretto dalla committenza e dalle circostanze temporali ad affrontare un gigante sul suo stesso terreno di battaglia: dovette competere con Michelangelo nella statuaria monumentale a tutto tondo, e perse tragicamente. La sua copia del Laocoonte è forse la sua statua più riuscita, se si escludono i bassorilievi per i quali aveva probabilmente più talento. Io ho conosciuto Bandinelli grazie a questa statua, che mi trovai un giorno al fondo della prospettiva di un corridoio degli Uffizi, che arrotolavo come un nastro sotto la mia sedia a rotelle, in una foresta di gambe in passeggio aleatorio.
5.Appendice
Di seguito riporto il conteggio delle sillabe per la mia traduzione, tenendo conto delle sinafele.
as
se
gna
toal
cul
to
del
dio
Net
tu
no
La
o
co
on
te
de
gno
to
roof
fri
va
ma
da
Te
ne
doa
des
so
le
cal
meac
que
so
vra
sta
noim
men
si
du
e
ser
pen
ti
che
spe
cu
la
ri
pun
ta
no
la
cos
ta
i
col
lie
ret
ti
trai
flut
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ver
mi
glie
le
cre
ste
so
pra
leon
deim
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sa
mo
le
del
cor
po
si
sno
dae
sfio
ra
il
ma
re
scro
scio
di
schiu
mae
so
no
sul
la
ri
va
glioc
chii
niet
ta
ti
di
san
guee
di
fuo
co
lin
gue
vi
bran
tie
lab
bra
si
bi
lan
ti
fug
gia
moa
la
o
co
on
tea
spi
ra
no
ma
pri
mai
pic
co
li
cor
pi
dei
fi
gli
am
be
du
ei
ser
pen
tiav
vol
ti
strin
gon
ein
go
ia
noi
mor
si
dei
mi
se
riar
ti
poias
sal
go
noil
pa
dreac
cor
soin
a
iu
to
ar
ma
to
che
nel
le
spi
reè
le
ga
to
e
già
su
di
lui
tor
reg
gia
no
stret
to
due
vol
teil
bu
sto
per
dueil
col
loav
vin
to
men
tre
ten
ta
di
li
be
ra
rei
no
di
le
ves
ti
pre
gne
di
ba
va
le
ta
le
gri
da
di
su
ma
ne
lan
ciaal
le
stel
le
qual
mug
geil
to
ro
che
lal
ta
re
fug
ge
scuo
ten
doil
col
lo
la
mal
fer
ma
scu
re
L’intero secondo libro della Eneide in latino si trova qui. In particolare, i versi tradotti sono i seguenti.
Laocoon, ductus Neptuno forte sacerdos,
solemnes taurum ingentem mactabat ad aras.
Ecce autem gemini a Tenedo tranquilla per alta
(horresco referens) immensis orbibus angues
incumbunt pelago, pariterque ad litora tendunt:
pectora quorum inter fluctus arrecta, iubaeque
sanguineae exsuperant undas: pars cetera pontum
pone legit, sinvatque immensa volumine terga.
Fit sonitus spumante salo: iamque arva tenebant,
ardentesque oculos suffecti sanguine, et igni,
sibila lambebant linguis vibrantibus ora.
Diffugimus visu exsangues: illi agmine certo
Laocoonta petunt, et primum parva duorum
corpora natorum serpens amplexus uterque
implicat, et miseros morsu depascitur artus.
Post ipsum auxilio subeuntem ac tela ferentem
corripiunt spirisque ligant ingentibus; et iam
bis medium amplexi, bis collo squamea circum
terga dati, superant capite et cervicibus altis.
Ille simul manibus tendit divellere nodos
perfusus sanie vittas atroque veneno;
clamores simul horrendos ad sidera tollit,
quales mugitus, fugit cum saucius aras
taurus et incertam excussit cervice securim.
At gemini lapsu delubra ad summa dracones
effugiunt, saevaeque petunt Tritonidis arcem,
sub pedibusque deae, clypeique sub orbe teguntur.
Di seguito le medesime parole, disposte nella costruzione italiana, con una traduzione parola per parola.
Laocoon, ductus sacerdos Neptuno forte, mactabat ingentem taurum ad aras solemnes.
Laocoonte, nominato sacerdote di Nettuno per sorteggio, uccideva un grande toro presso i solenni altari.
Ecce autem a Tenedo per alta tranquilla [aequora]angues gemini(horresco referens) incumbunt pelago immensis orbibus,pariterque tendunt ad litora:
Ma ecco che da Tenedo, attraverso le acque tranquille, due serpenti gemelli (inorridisco nel raccontarlo) sovrastano il mare con le spire immense, e puntano la riva all’unisono:
i petti dei quali sono eretti sui flutti, e le creste vermiglie si innalzano oltre le onde: il resto del corpo sfiora il mare, dietro, e snoda il dorso in immense spire.
Sonitus fit salo spumante: iamque tenebat arvaet, oculos ardentes [acc. di rel.] suffectisanguine et igni, lambebant sibila ora linguis vibrantibus.
Un gorgoglio è generato dalla mare spumeggiante: già avevano raggiunto la costa e, con occhi ardenti iniettati di sangue e fuoco, lambivano le bocche sibilanto con lingue vibranti.
Diffugimus exangues visu: illi petunt Laocoonta, agmine certo, et primum uterque serpensamplexusimplicat parva corporaduorum natorum, et depasciturmiseros artus morsu.
Scappiamo con visi esangui: essi puntano Laocoonte, con andatura decisa, e prima i due serpenti stringono, avvolti, i piccoli corpi dei due figli, e divorano i miseri arti a morsi.
Post corripiunt ipsum [Laocoonta], auxilio subeuntem ac tela ferentem, et ligantspiris ingentibus;
Quindi assalgono lo stesso Laocoonte, che accorre in soccorso e porta delle armi, e lo avvincono con le ingenti spire;
et iamamplexi bis medium[acc. di rel.], circumdati [timesi]squamea terga [acc. di rel.] bis collo, superant altiscapite et cervicibus.
e stretto due volte il busto [di Laocoonte], due volte avvolte intorno al collo le terga squamose, già torreggiano con il collo e il capo.
Ille simul tendit divellere nodos manibus, vittas perfusus[acc. alla greca]sanieet atro veneno; simul tollit horrendos clamoresad sidera:
Lui, con le bende imbevute di bava e veleno nero, tenta di sciogliere i nodi con le mani mentre leva orrende grida al cielo,
quales mugitus taurus [tollit], cum fugitsaucius aras, et excussit incertamsecurimcervice.
come i muggiti del toro che fugge ferito dall’altare mentre si squote dal collo la scure malferma.
At gemini draconeseffugiuntlapsu ad summa delubra, et petunt arcem saevaeTritonidis, et teguntur sub pedibus deae, et sub orbe clypei.
E i draghi gemelli fuggono strisciando verso gli alti santuari, e si dirigono all’altare della ostile Tritonia [Atena], e si nascondono sotto i piedi della dea, sotto il cerchio dello scudo.
Di seguito il codice in Octave che genera Figura 1, risolvendo numericamente (metodo di Runge-Kutta) il sistema di tre equazioni differenziali ordinarie seguente:
Eq. 2)
dove è il versore relativo al campo vettoriale in Eq. 1. Il codice funziona qualunque sia il campo vettoriale inserito nella funzione interna allo script (vectorial_field). Ho scritto questo codice nel 2021, come dimostrazione del metodo di ricostruzione delle fibre di materia bianca nella risonanza magnetica cerebrale con trattografia (Maccallini P. 2021).
% file name = tractography
% date of creation = 05/02/2021
% it plots the trajectory of a fibre, given a vectorial field of diffusion
% eigenvector epsilon_1
clear all
close all
% vectorial field
v = [0,0,3];
w = [0,0,3];
ic = [1.5,1.5,0];
delta_s = 0.5;
function v_f = vectorial_field (x,y,z,v,w)
v_f = v + cross(w,[x,y,z]);
v_f = v_f/sqrt(v_f(1)^2+v_f(2)^2+v_f(3)^2);
endfunction
% we set the initial conditions for the first fiber
lambda(1:4,1:3)=0.;
x(1) = ic(1);
y(1) = ic(2);
z(1) = ic(3);
% integration for the first fiber
vector = vectorial_field (x(1),y(1),z(1),v,w);
lambda(1,1) = vector(1);
lambda(1,2) = vector(2);
lambda(1,3) = vector(3);
n = 40;
for i=1:n-1
for k=2:4
vector = vectorial_field (x(i)+lambda(k,1)*delta_s/2,y(i)+lambda(k,2)*delta_s/2,z(i)+lambda(k,3)*delta_s/2,v,w);
lambda(k,1) = vector(1);
lambda(k,2) = vector(2);
lambda(k,3) = vector(3);
endfor
x(i+1) = x(i)+(lambda(1,1)+2*lambda(2,1)+2*lambda(3,1)+lambda(4,1))*delta_s/6;
y(i+1) = y(i)+(lambda(1,2)+2*lambda(2,2)+2*lambda(3,2)+lambda(4,2))*delta_s/6;
z(i+1) = z(i)+(lambda(1,3)+2*lambda(2,3)+2*lambda(3,3)+lambda(4,3))*delta_s/6;
vector = vectorial_field (x(i+1),y(i+1),z(i+1),v,w);
quiver3 ( x(i+1),y(i+1),z(i+1),vector(1),vector(2),vector(3),'-k' )
hold on
endfor
plot3 (x(1:n),y(1:n),z(1:n),'-r','LineWidth',4)
pbaspect ([1, 1, 1])
hold on
% we set the initial conditions for the second fiber
ic = [2.8,2.8,0];
x(1) = ic(1);
y(1) = ic(2);
z(1) = ic(3);
% integration for the second fiber
vector = vectorial_field (x(1),y(1),z(1),v,w);
lambda(1,1) = vector(1);
lambda(1,2) = vector(2);
lambda(1,3) = vector(3);
for i=1:n-1
for k=2:4
vector = vectorial_field (x(i)+lambda(k,1)*delta_s/2,y(i)+lambda(k,2)*delta_s/2,z(i)+lambda(k,3)*delta_s/2,v,w);
lambda(k,1) = vector(1);
lambda(k,2) = vector(2);
lambda(k,3) = vector(3);
endfor
x(i+1) = x(i)+(lambda(1,1)+2*lambda(2,1)+2*lambda(3,1)+lambda(4,1))*delta_s/6;
y(i+1) = y(i)+(lambda(1,2)+2*lambda(2,2)+2*lambda(3,2)+lambda(4,2))*delta_s/6;
z(i+1) = z(i)+(lambda(1,3)+2*lambda(2,3)+2*lambda(3,3)+lambda(4,3))*delta_s/6;
vector = vectorial_field (x(i+1),y(i+1),z(i+1),v,w);
quiver3 ( x(i+1),y(i+1),z(i+1),vector(1),vector(2),vector(3),'-k' )
hold on
endfor
plot3 (x(1:n),y(1:n),z(1:n),'-b','LineWidth',4)
pbaspect ([1, 1, 1])
grid on
I report here on a successful attempt at reproducing the improvement in my ME/CFS symptoms that I usually experience during summer by means of artificially manipulating the temperature of the air, humidity, and the infrared radiation inside a room I spent five months in, during the period from December to April 2022. I show that the improvement is not correlated with the physical parameters of the air (temperature, relative and absolute humidity, atmospheric pressure, air density, dry air density, saturation vapor pressure, and partial vapor pressure). I hypothesize that it is driven instead by either the mid-wave infrared radiation emitted by a lamp used in the experiment or by the longwave infrared radiation emitted by the walls of the room in which I spent the months of the experiment.
1) Introduction
My ME/CFS improves during summer, in the period of the year that goes from May/June to the end of September (when I am in Rome, Italy). I don’t know why. In a previous study (Maccallini P. 2022), I analyzed the correlation between my symptoms and several environmental parameters, during three periods covering a total of 190 days: in one, I improved while the season was going toward summer, in another one we were in full-blown summer, and in the third one my functioning declined while summer was fading away. The statistical analysis showed a positive correlation between my functionality score and the temperature of the air and a negative correlation with air density and dry air density (remember that the higher the functionality score, the better I feel). No correlation was found between my functionality score and: relative humidity, absolute humidity, atmospheric pressure, and the concentration of particulate with a diameter below or equal to . While the absence of correlation can be used to rule out causation, the presence of correlation does not mean automatically causation. Moreover, since air density and dry air density are strongly inversely correlated with air temperature, the correlations with air density might be driven by the correlation with air temperature (and vice-versa). In order to further investigate the nature of these correlations, I planned a second study, this time performed inside a chamber where I could manipulate the temperature of the air, the content of water in the air, and the amount of infrared radiation I was hit by. I called this chamber “Summer Simulator” because I used several devices to obtain, during the months from December to May, the conditions that we usually have in Rome during summer. I lived inside the simulator while I collected a functionality score, three times per day, and while I measured (every 10 minutes) the temperature of the air, relative humidity, and atmospheric pressure. The data for the months from January to April were used to study how my symptoms correlated with the environmental parameters I could directly measure and those that I could mathematically derive.
2) Methods
2.1) Data collection
I used a Bresser WiFi 4-in-1 Weather Station (see figure 1) to measure the temperature of the air, pressure, and relative humidity inside the room I spent almost all my time during the experiment. Measures were registered every 10 minutes and sent to the console which uploaded them to my Weathercloud account, via WiFi. The barometer was calibrated by using the closest weather station of the meteorological network of Rome (R). I registered a functionality score three times a day (value from 3 to 7, the higher the better) to use for the search for correlations with environmental data. The data that were employed were those of January, February, March, and April 2022. I also used the daily functionality score collected in 2017, during the same months, for testing the effect of the Summer Simulator on my symptoms.
Figure 1.Bresser 4-in-1 sensor: I used it to measure the temperature of the air, atmospheric pressure, and relative humidity inside the simulator. In the second image, you see the interface of the weather station (left) and a CO2 sensor I used to ensure that the air exchange in the room was adequate.
2.2) Summer Simulator
Simulation of summer was attempted with the following settings. I lived for 5 months in a room of . The temperature was controlled by a heat pump (Electrolux EXP26U558HW) that collects air from inside the room, divides it into two fluxes, transfers heat from one to the other (by cycles of compression-evaporation of refrigerant R290), and releases the warmer flux inside and the other one outside the window. The humidity was controlled by two/three ultrasonic mist humidifiers that release mist which is then turned into vapor in a fraction that depends on the temperature of the air (Figure 2).
Figure 2. Ultrasonic mist humidifiers.
To simulate thermal radiation, I used an infrared heater (Turbo TN35E, figure 3) coupled with a chamber with walls covered by mylar, a material that reflects most of the thermal radiation; the chamber was built around the bed, and it had only one side open, to allow for air circulation (figure 4).
Figure 3. Infrared heater, Turbo TN35E.
Figure 4. The infrared chamber with walls made up of mylar, a material that reflects thermal radiation. On the right, you can see the heat pump (white) and the pipeline of the exhausted air, behind the curtain, that leads outside, through a hole in the window.
The infrared heater was, on average, at a distance of 0.8 m from the left side of the bed. It emits most of its power in the mid-wave infrared range (1-4 ).
2.3) Mathematical model for the infrared radiation
I built a mathematical model for the radiation from the lamp (Maccallini P. 2022) which predicts that the power per unit of area of a plane parallel to yz (see figure 4) centered in is given by
1)
where L = 0.53 m is the length of the emitting surface of the lamp on the y axis and where
2)
In this formula, e is the efficiency of the conversion of electrical power into mid-wave infrared emission (it is 93% according to the manufacturer) while is the power absorbed by the device (about 800 W, according to the measurements performed by a power meter) and where F and E are the elliptic functions of the first and second kind, respectively (Maccallini P 2013). Parameters b and c (the semi-axes of the ellipsoid in figure 5, in the directions y and z, respectively) depend on how the flux of radiant power is concentrated by the reflector of the lamp. In my model, they are undetermined and must be derived by a minimum of two independent measures of power per unit area. But in the absence of these measures, we can use the values for which we have the absolute minimum for the function which is reached for b = 0.49, c = 0.36 (assuming c < b < 0.5).
Figure 5. On the left, the systems of coordinates used for building the mathematical model of the infrared heater. On the right, the detail of the ellipsoid that describes the concentration of the radiant power that exits the heater as a result of the power released by the bulb and the power reflected by the reflector behind the bulb; this ellipsoid is represented as a sphere on the left side of this figure. All the details of the model can be found in (Maccallini P. 2022).
The solution of the model (equations 1 and 2) was determined analytically, the values for the elliptic functions were calculated by employing Wolfram Mathematica 5.2 as a function of b and c and saved in a csv file, then the output of the lamp was calculated by a custom script written in Octave (Maccallini P. 2022) that used the output from the Mathematica script. Note that Octave does not have a built-in function for the elliptic functions and a numerical integration by Simpson’s rule led to unsatisfactory results, as detailed in the already mentioned reference. The prediction for a plane parallel to yz at a distance from O, is reported in figure 6, where it can be seen that the maximum of is reached for and its value is about 376 .
Figure 6. The power per unit of area orthogonal to the plane zy (), as a function of , for .
2.4) Derived environmental parameters
The weather station only measured air temperature, atmospheric pressure, and relative humidity, every 10 minutes. The measures were then uploaded via WiFi to a server and downloaded to my computer from my Weathercloud account. To calculate the daily means of these parameters I designed an algorithm that takes into account missing data, as follows: it calculates an hourly mean measure when at least one measure is available for that hour; it fills isolate missing hourly means with the mean between the measure of the hour before and the one of the following hour; it then calculates the daily mean if the hourly means of at least 21 hours are present for each day, otherwise the daily mean is considered as a missing value. From the hourly means of temperature, relative humidity, and pressure, I calculated the hourly means for saturation vapor pressure (SVP), partial vapor pressure (PVP), absolute humidity (AH), dry air density (DAD), and air density (AD), by means of the following formulae:
3)
4)
5)
6)
7)
where t, p, RH are air temperature, barometric pressure, and relative humidity, respectively, while is the molecular weight of water, is the molecular weight of dry air, is the constant of gasses, and where we express temperature in °C and pressure in hPa. These formulae are taken from chapter 4 of the Guide to Instruments and Methods of Observation by the World Meteorological Organization (R) and are derived and discussed in (Maccallini P. 2021). Once obtained the hourly means for the derived environmental measures, the corresponding daily means were computed by using the same method described for t, p, and RH. In figure 8, I reported, as an example, the plots for the environmental parameters (daily means) and the mean daily score for the month of March. All the other plots can be obtained by running the R script reported at the end of this article, in the same folder containing the raw data (that are available, just before the script, for download).
2.5) Statistical analysis
To assess the effect of the summer simulation on my symptoms, I compared the functionality score collected in 2017 (from January to April) with the score collected during the same months of 2022, while living inside the Summer Simulator. The null hypothesis was tested by running the Wilcox test. The correlations between the daily mean score and the environmental parameters were assessed by Spearman’s correlation coefficient and the significance of each correlation was also tested. All the calculations were performed by a custom R script written by myself, available, along with the row data, at the bottom of this page.
3) Results
The comparison between the mean daily scores for the months of January, February, March, and April 2017 and the same parameter for the same months of the year 2022 show that the Summer Simulator has raised the mean daily score in a statistically significant fashion: p value = ; see figure 7.
Figure 7. Comparison between the mean daily functionality score in 2017 (from January to April), on the right, and the same score in 2022 (same months), while living inside the Summer Simulator, on the left. The difference is statistically significant, reaching a p value of . In 2017 I was following a therapy that I judged mildly effective, which allowed me to take the functionality score three times a day during the cold months, which is something that I usually stop doing when I get worse in Autumn, also because the score would always be the lowest one. The diagram is a box and whisker plot, with the indication of the 1st quantile, the median (2nd quantile), and the 3rd quantile.
Figure 8. Daily mean values for each one of the environmental parameters considered in this study and for the functionality score, for the month of March.
The correlations between the mean daily score and the mean daily values of the environmental parameters, and the corresponding p values, are collected in Table 1. After correction for multiple comparisons (Benjamini-Hochberg method), none of the correlations reaches statistical significance.
Parameter (daily mean)
p
p’
Temperature
-0.2196
0.02059
0.1421
Relative humidity
-0.1860
0.05068
0.1928
Pressure
0.05764
0.5497
0.5497
Saturation vapor pressure
-0.2214
0.01955
0.1421
Partial vapor pressure
-0.2081
0.02842
0.1421
Absolute humidity
-0.2098
0.02711
0.1421
Dry air density
0.1686
0.07833
0.1928
Air density
0.1593
0.09641
0.1928
Table 1. Correlations between the mean daily functionality score and several environmental parameters (Spearman’s rank correlation coefficient) and the corresponding p values before and after correction for multiple comparisons (Benjamini-Hochberg method).
I run a similar analysis with another method, too: I compared the daily mean temperatures for days with a mean functionality score above 5 and the daily mean temperature for the days with a score below 5, by running the Wilcox test; I repeated this same analysis for all the other environmental parameters (see Table 2 and figure 8).
Figure 8. For each environmental parameter, you find here the comparison between the mean daily value corresponding to days with a mean functionality score above 5, equal to 5, and below 5. Box and whisker plots, with also the indication of the means, as red dots. The p values for the comparisons between days with a mean functionality score below 5 and above 5 are collected in table 2.
Parameter
p
p‘
Temperature
0.02694
0.1813
Relative humidity
0.133
0.2112
Pressure
0.2112
0.2112
Saturation vapor pressure
0.02535
0.1813
Partial vapor pressure
0.06324
0.1897
Absolute humidity
0.06213
0.1897
Dry air density
0.03038
0.1813
Air density
0.03625
0.1813
Table 2. For each environmental parameter, I compared the daily mean value corresponding to days with a functionality score above 5, with the same value for days with a functionality score below 5 (Wilcox test) and I corrected for multiple comparisons (Benjamini-Hochberg method).
4) Discussion
Simulation of summer by raising the air temperature, absolute humidity, and infrared radiation did show to improve my symptoms when I compared my daily functionality score with the score collected for the same period of the year, but in 2017, while I was following another therapy that I judged mildly effective (figure 7). Yet, no correlation reached statistical significance between my functionality score and the environmental parameters that could be measured or derived (temperature, relative and absolute humidity, atmospheric pressure, saturation vapor pressure, partial vapor pressure, dry air density, air density). If we accept that the summer simulation has really improved my condition (i.e. if we rule out a placebo effect), we must admit that the improvement was due to either some combination of the aforementioned parameters or something else. The only other parameter I could exert my control on was infrared radiation by an infrared heater that delivered a power of about on the vertical plane by the left side of my bed, according to a mathematical model of the lamp (figure 6). This radiation was then partially reflected by the surfaces covered in mylar of my infrared chamber, so that it hit my body from other directions too, even though I have not built a model for the whole infrared chamber, yet.
One possible explanation, to my understanding, for the results of this study, is then that the improvement was driven by some effect of the radiation from the lamp, either directly on my body or indirectly to some other parameter of the environment which in turn affected my biology. Importantly, the absence of correlation with air temperature, air density, and dry air density reported by the present study suggests that the significant correlations found in the previous study (Maccallini P. 2022) between my functionality score and the three mentioned parameters were driven by something else that correlates with temperature (which negatively correlates with air density and dry air density). We know that there is an almost linear positive correlation between the temperature of the air and longwave infrared radiation from the Earth into space (Koll DDB and Cronin TW 2018), while the emission of the surface of the Earth within a short distance from it must follow the Stefan-Boltzman law so that it is proportional to , where T is the temperature of the air at the level of the surface, expressed in Kelvin. But it should be noted that while 99% of the power emitted by the Earth as infrared radiation has a wavelength above , my infrared heater emits in the range . So, my artificial source of radiation does not simulate the radiation from the Earth, if we consider the wavelength (while it does from the point of view of the total power, as we will see in a following study, already concluded). But it could be considered that the radiation from the lamp did end up hitting the walls of my room, which in turn released their thermic energy as long wave infrared radiation. It is conceivable then that both in the Summer Simulator and in real summer, my improvements might be driven by far infrared radiation. Another possibility is that the improvement was due to the infrared radiation emitted by my body (long wave infrared radiation) and reflected back to me by the mylar coating of the infrared chamber.
I can’t rule out a placebo effect of the Summer Simulator, even though it showed greater effectiveness than another therapy I was following in 2017, which I considered mildly effective. The difficulty of assessing the effectiveness of a treatment by a subjective score can hardly be overestimated. The identification of objective measures that can be routinely used to score the level of symptoms is of paramount importance for correlation studies like the present one.
5) Conclusions
By simulating summer during the months from January to April of 2022, I experienced an improvement in my symptoms similar to the one I usually experience during summer (although of a lesser magnitude). The simulation was achieved by increasing air temperature and absolute humidity, by using an infrared heater, and by living inside a chamber covered with mylar, a material that reflects most of the thermal radiation, so to avoid dispersion of the radiation from the heater. The improvement does not correlate with any of the parameters of the air (temperature, absolute and relative humidity, saturation vapor pressure, partial vapor pressure, density of the air, density of dry air, atmospheric pressure). One possible explanation for my improvement while living inside the Summer Simulator is that it was due to either the direct radiation from the heater (which is mid-wave infrared radiation) or the radiation from the walls heated by the lamp and the air. The latter radiation is far infrared radiation, the same radiation emitted by the Earth, which linearly correlates with air temperature and which might drive the improvements I experience during summer and the correlation between my functionality score and air temperature reported in a previous study.
6) Funding
This study was supported by those who donated to this website.
7) Supplementary material
The environmental measures and the symptom scores used for this study are available for download:
The mathematical model of the infrared heater is available here for download. The script I wrote in R for the statistical analyses is the following one.
# file name: summer_simulator # # year: 2022 # month: 08 # day: 31 # #------------------------------------------------------------------------------- # We read the measures from Bresser Weather Station #------------------------------------------------------------------------------- # # We set the names of the columns for the data.frames containing environmental data # cn<-c("Date","Tempin","Temp","Chill","Dewin","Dew","Heatin","Heat","Humin","Hum", "Wspdhi","Wspdavg","Wdiravg","Bar", "Rain", "Rainrate","Solarrad","Uvi") # # We read the environmental data # Jan_2022<-read.csv("Weathercloud Paolo WS 2022-01.csv", sep = ";", col.names = cn, header = T) Feb_2022<-read.csv("Weathercloud Paolo WS 2022-02.csv", sep = ";", col.names = cn, header = T) Mar_2022<-read.csv("Weathercloud Paolo WS 2022-03.csv", sep = ";", col.names = cn, header = T) Apr_2022<-read.csv("Weathercloud Paolo WS 2022-04.csv", sep = ";", col.names = cn, header = T) List_2022<-list(Jan_2022, Feb_2022, Mar_2022, Apr_2022) # # We set some parameters # mis<-3 # the highest number of missing hours accepted for a day muw<-18.01528 # molecular weight of water (g/mol) mud<-28.97 # molecular weight of dry air (g/mol) R<-8.31 # universal constant of gasses (J/(K*mole)) month_name<-c("January", "February", "March", "April") # #------------------------------------------------------------------------------- # We work on the score #------------------------------------------------------------------------------- # # We set the names of the columns for the data.frame containing the score # cn<-c("Year","Month","Day","score_1","score_2","score_3") # # We read the scores # Score<-read.csv("Score_Summer_Simulator.csv", sep = ";", col.names = cn, header = T) Score_control<-read.csv("Score_control_Summer_Simulator.csv", sep = ";", col.names = cn, header = T) # attach(Score) # ms<-c(rep(0,31*4)) # # We calculate the daily mean score # for (d in 1:length(Year)) { if (is.na(score_1[d])==F&is.na(score_2[d])==F&is.na(score_3[d])==F) { ms[d]<-(score_1[d] + score_2[d] + score_3[d])/3 } else ms[d]<-NA } # attach(Score_control) # ms_c<-c(rep(0,length(Year))) # # We calculate the daily mean score # for (d in 1:length(Year)) { if (is.na(score_1[d])==F&is.na(score_2[d])==F&is.na(score_3[d])==F) { ms_c[d]<-(score_1[d] + score_2[d] + score_3[d])/3 } else ms[d]<-NA } # # We test the effect of the simulator # wilcox.test(ms, ms_c) boxplot(ms, ms_c, ylab = "score", names = c("summer simulator","other")) # #------------------------------------------------------------------------------- # We calculate mean values for temp (°C), relative humidity (%), and atmospheric # pressure (hPa) #------------------------------------------------------------------------------- # # We initialize the arrays that will contain the daily means of the environmental # data # t<-c(rep(0,31*4)) rh<-c(rep(0,31*4)) p<-c(rep(0,31*4)) svp<-c(rep(0,31*4)) pvp<-c(rep(0,31*4)) ah<-c(rep(0,31*4)) dad<-c(rep(0,31*4)) ad<-c(rep(0,31*4)) # #------------------------------------------------------------------------------- # We work on each month #------------------------------------------------------------------------------- # for (q in 1:4) { index<-q add<-31*(q-1) attach(List_2022[[q]]) # # We extract the day of the month, the year, the hour from column Date # DateR<-read.table(text=Jan_2022[,1], sep ="/") DateR2<-read.table(text=DateR[,3], sep =" ") DateR3<-read.table(text=DateR2[,2], sep =":") # #------------------------------------------------------------------------------- # first_day<-DateR[1,1] last_day<-DateR[length(DateR[,1]),1] # # We calculate the hourly mean for temperature (°C) # Temp_mean<-matrix(data=c(rep(0,31*24)), nrow = 31, ncol = 24) num<-matrix(data=c(rep(0,31*24)), nrow = 31, ncol = 24) # for (d in first_day:last_day) { for (h in 1:24) { for (j in 1:length(DateR[,1])) { if ( DateR[j,1]==d & DateR3[j,1]== h-1) { if (is.na(Temp[j])==F) { Temp_mean[d,h]<-(Temp_mean[d,h] + Temp[j]) num[d,h]<-(num[d,h]+1) } } } } } for (d in first_day:last_day) { for (h in 1:24) { if (num[d,h]>0) Temp_mean[d,h]<-Temp_mean[d,h]/num[d,h] else Temp_mean[d,h]<-NA } } # # We fill isolate missing values # for (d in first_day:last_day) { for (h in 2:23) { if (is.na(Temp_mean[d,(h-1)])==F&is.na(Temp_mean[d,h])==T&is.na(Temp_mean[d,(h-1)])==F) { Temp_mean[d,h]<-(Temp_mean[d,(h-1)]+Temp_mean[d,(h+1)])/2 } } } for (d in (first_day+1):(last_day-1)) { if (is.na(Temp_mean[(d-1),(24)])==F&is.na(Temp_mean[d,1])==T&is.na(Temp_mean[d,2])==F) { Temp_mean[d,1]<-(Temp_mean[(d-1),24]+Temp_mean[d,2])/2 } } # # We calculate the daily mean for temperature (°C) # for (d in first_day:last_day) { count<-0 for (h in 1:24) { if (is.na(Temp_mean[d,h])==T) count<-count+1 } if (count<=mis) t[add+d]<-mean(Temp_mean[d,],na.rm = T) else t[add+d]<-NA } # # We calculate the hourly mean relative humidity (%) # RH_mean<-matrix(data=c(rep(0,31*24)), nrow = 31, ncol = 24) num<-matrix(data=c(rep(0,31*24)), nrow = 31, ncol = 24) # for (d in first_day:last_day) { for (h in 1:24) { for (j in 1:length(DateR[,1])) { if ( DateR[j,1]==d & DateR3[j,1]== h-1) { if (is.na(Hum[j])==F) { RH_mean[d,h]<-(RH_mean[d,h] + Hum[j]) num[d,h]<-(num[d,h]+1) } } } } } for (d in first_day:last_day) { for (h in 1:24) { if (num[d,h]>0) RH_mean[d,h]<-RH_mean[d,h]/num[d,h] else RH_mean[d,h]<-NA } } # # We fill isolate missing values # for (d in first_day:last_day) { for (h in 2:23) { if (is.na(RH_mean[d,(h-1)])==F&is.na(RH_mean[d,h])==T&is.na(RH_mean[d,(h-1)])==F) { RH_mean[d,h]<-(RH_mean[d,(h-1)]+RH_mean[d,(h+1)])/2 } } } for (d in (first_day+1):(last_day-1)) { if (is.na(RH_mean[(d-1),(24)])==F&is.na(RH_mean[d,1])==T&is.na(RH_mean[d,2])==F) { RH_mean[d,1]<-(RH_mean[(d-1),24]+RH_mean[d,2])/2 } } # # We calculate the daily mean relative humidity (%) # for (d in first_day:last_day) { count<-0 for (h in 1:24) { if (is.na(RH_mean[d,h])==T) count<-count+1 } if (count<=mis) rh[add+d]<-mean(RH_mean[d,],na.rm = T) else rh[add+d]<-NA } # # We calculate the hourly mean pressure (hPa) # P_mean<-matrix(data=c(rep(0,31*24)), nrow = 31, ncol = 24) num<-matrix(data=c(rep(0,31*24)), nrow = 31, ncol = 24) # for (d in first_day:last_day) { for (h in 1:24) { for (j in 1:length(DateR[,1])) { if ( DateR[j,1]==d & DateR3[j,1]== h-1) { if (is.na(Hum[j])==F) { P_mean[d,h]<-(P_mean[d,h] + Bar[j]) num[d,h]<-(num[d,h]+1) } } } } } for (d in first_day:last_day) { for (h in 1:24) { if (num[d,h]>0) P_mean[d,h]<-P_mean[d,h]/num[d,h] else P_mean[d,h]<-NA } } # # We fill isolate missing values # for (d in first_day:last_day) { for (h in 2:23) { if (is.na(P_mean[d,(h-1)])==F&is.na(P_mean[d,h])==T&is.na(P_mean[d,(h-1)])==F) { P_mean[d,h]<-(P_mean[d,(h-1)]+P_mean[d,(h+1)])/2 } } } for (d in (first_day+1):(last_day-1)) { if (is.na(P_mean[(d-1),(24)])==F&is.na(P_mean[d,1])==T&is.na(P_mean[d,2])==F) { P_mean[d,1]<-(P_mean[(d-1),24]+P_mean[d,2])/2 } } # # We calculate the daily mean pressure (hPa) # for (d in first_day:last_day) { count<-0 for (h in 1:24) { if (is.na(P_mean[d,h])==T) count<-count+1 } if (count<=mis) p[add+d]<-mean(P_mean[d,],na.rm = T) else p[add+d]<-NA } # # We calculate hourly mean saturation vapor pressure (hPa) # Svp_mean<-matrix(data=c(rep(0,31*24)), nrow = 31, ncol = 24) # for (d in first_day:last_day) { for (h in 1:24) { if (is.na(Temp_mean[d,h])==F) { Svp_mean[d,h]<-6.112*exp((17.62*Temp_mean[d,h])/(243.12 + Temp_mean[d,h])) } else Svp_mean[d,h]<-NA } } # # We calculate daily mean saturation vapor pressure (hPa) # for (d in first_day:last_day) { count<-0 for (h in 1:24) { if (is.na(Svp_mean[d,h])==T) count<-count+1 } if (count<=mis) svp[add+d]<-mean(Svp_mean[d,],na.rm = T) else svp[add+d]<-NA } # # We calculate hourly partial vapor pressure (hPa) # Pvp_mean<-matrix(data=c(rep(0,31*24)), nrow = 31, ncol = 24) # for (d in first_day:last_day) { for (h in 1:24) { if (is.na(Svp_mean[d,h])==F&is.na(RH_mean[d,h])==F) { Pvp_mean[d,h]<-RH_mean[d,h]*Svp_mean[d,h]/100 } else Pvp_mean[d,h]<-NA } } # # We calculate daily mean partial vapor pressure (hPa) # for (d in first_day:last_day) { count<-0 for (h in 1:24) { if (is.na(Pvp_mean[d,h])==T) count<-count+1 } if (count<=mis) pvp[add+d]<-mean(Pvp_mean[d,],na.rm = T) else pvp[add+d]<-NA } # # We calculate hourly absolute humidity (g/m^3) # AH_mean<-matrix(data=c(rep(0,31*24)), nrow = 31, ncol = 24) # for (d in first_day:last_day) { for (h in 1:24) { if (is.na(Pvp_mean[d,h])==F&is.na(Temp_mean[d,h])==F) { AH_mean[d,h]<-100*Pvp_mean[d,h]*muw/( R*(273.15 + Temp_mean[d,h]) ) } else AH_mean[d,h]<-NA } } # # We calculate daily mean absolute humidity (g/m^3) # for (d in first_day:last_day) { count<-0 for (h in 1:24) { if (is.na(AH_mean[d,h])==T) count<-count+1 } if (count<=mis) ah[add+d]<-mean(AH_mean[d,],na.rm = T) else ah[add+d]<-NA } # # We calculate hourly mean dry air density (g/m^3) # DAD_mean<-matrix(data=c(rep(0,31*24)), nrow = 31, ncol = 24) # for (d in first_day:last_day) { for (h in 1:24) { if (is.na(Pvp_mean[d,h])==F&is.na(Temp_mean[d,h])==F&is.na(P_mean[d,h])==F) { DAD_mean[d,h]<-100*(P_mean[d,h]-Pvp_mean[d,h])*mud/( R*(273.15 + Temp_mean[d,h]) ) } else DAD_mean[d,h]<-NA } } # # We calculate daily mean dry air density (g/m^3) # for (d in first_day:last_day) { count<-0 for (h in 1:24) { if (is.na(DAD_mean[d,h])==T) count<-count+1 } if (count<=mis) dad[add+d]<-mean(DAD_mean[d,],na.rm = T) else dad[add+d]<-NA } # # We calculate hourly mean air density (g/m^3) # AD_mean<-matrix(data=c(rep(0,31*24)), nrow = 31, ncol = 24) # for (d in first_day:last_day) { for (h in 1:24) { if (is.na(DAD_mean[d,h])==F&is.na(AH_mean[d,h])==F&is.na(P_mean[d,h])==F) { AD_mean[d,h]<-AH_mean[d,h] + DAD_mean[d,h] } else AD_mean[d,h]<-NA } } # # We calculate daily mean dry air density (g/m^3) # for (d in first_day:last_day) { count<-0 for (h in 1:24) { if (is.na(AD_mean[d,h])==T) count<-count+1 } if (count<=mis) ad[add+d]<-mean(AD_mean[d,],na.rm = T) else ad[add+d]<-NA } # # We set as NA the days without measures, building arrays of 31 days # for (d in 1:31) if (d<first_day | d>last_day) { t[add+d]<-NA rh[add+d]<-NA p[add+d]<-NA svp[add+d]<-NA pvp[add+d]<-NA ah[add+d]<-NA dad[add+d]<-NA ad[add+d]<-NA } # # We plot mean temperature, relative humidity, pressure, saturation vapor pressure # plot (c((add+1):(add+31)),t[(add+1):(add+31)], type = "b", main = month_name[index], xlab = "day", ylab = "temperature (°C)", pch = 19, lty = 2, col = "red") grid(col="darkgray") plot (c((add+1):(add+31)),rh[(add+1):(add+31)], type = "b", main = month_name[index], xlab = "day", ylab = "relative humidity (%)", pch = 19, lty = 2, col = "red") grid(col="darkgray") plot (c((add+1):(add+31)),p[(add+1):(add+31)], type = "b", main = month_name[index], xlab = "day", ylab = "atmospheric pressure (hPa)", pch = 19, lty = 2, col = "red") grid(col="darkgray") plot (c((add+1):(add+31)),svp[(add+1):(add+31)], type = "b", main = month_name[index], xlab = "day", ylab = "saturation vapor pressure (hPa)", pch = 19, lty = 2, col = "red") grid(col="darkgray") plot (c((add+1):(add+31)),pvp[(add+1):(add+31)], type = "b", main = month_name[index], xlab = "day", ylab = "partial vapor pressure (hPa)", pch = 19, lty = 2, col = "red") grid(col="darkgray") plot (c((add+1):(add+31)),ah[(add+1):(add+31)], type = "b", main = month_name[index], xlab = "day", ylab = "absolute humidity (g/m^3)", pch = 19, lty = 2, col = "red") grid(col="darkgray") plot (c((add+1):(add+31)),dad[(add+1):(add+31)], type = "b", main = month_name[index], xlab = "day", ylab = "dry air density (g/m^3)", pch = 19, lty = 2, col = "red") grid(col="darkgray") plot (c((add+1):(add+31)),ad[(add+1):(add+31)], type = "b", main = month_name[index], xlab = "day", ylab = "air density (g/m^3)", pch = 19, lty = 2, col = "red") grid(col="darkgray") # } # #------------------------------------------------------------------------------- # We build a data frame that contains all the data of this study #------------------------------------------------------------------------------- # attach(Score) mydata<-data.frame(year = Year, month = Month, day = Day, temperature = t, relative_hum = rh, pres = p, sat_vap_p = svp, par_vap_p = pvp, absolute_hum = ah, dry_air_d = dad, air_d = ad, score = ms) attach(mydata) # #------------------------------------------------------------------------------- # Spearman's correlation ranks #------------------------------------------------------------------------------- # correlations<-list() correlations[[1]]<-cor.test(score, temperature, alternative = "two.sided", method = "spearman", exact = T, conf.level = 0.95, continuity = T) correlations[[2]]<-cor.test(score, relative_hum, alternative = "two.sided", method = "spearman", exact = T, conf.level = 0.95, continuity = T) correlations[[3]]<-cor.test(score, pres, alternative = "two.sided", method = "spearman", exact = T, conf.level = 0.95, continuity = T) correlations[[4]]<-cor.test(score, sat_vap_p, alternative = "two.sided", method = "spearman", exact = T, conf.level = 0.95, continuity = T) correlations[[5]]<-cor.test(score, par_vap_p, alternative = "two.sided", method = "spearman", exact = T, conf.level = 0.95, continuity = T) correlations[[6]]<-cor.test(score, absolute_hum, alternative = "two.sided", method = "spearman", exact = T, conf.level = 0.95, continuity = T) correlations[[7]]<-cor.test(score, dry_air_d, alternative = "two.sided", method = "spearman", exact = T, conf.level = 0.95, continuity = T) correlations[[8]]<-cor.test(score, air_d, alternative = "two.sided", method = "spearman", exact = T, conf.level = 0.95, continuity = T) correlations[[9]]<-cor.test(temperature, air_d, alternative = "two.sided", method = "spearman", exact = T, conf.level = 0.95, continuity = T) correlations[[10]]<-cor.test(temperature, dry_air_d, alternative = "two.sided", method = "spearman", exact = T, conf.level = 0.95, continuity = T) # #------------------------------------------------------------------------------- # We search for the optimal environmental parameters #------------------------------------------------------------------------------- # low_score<-subset.data.frame(mydata, score<5) mean_score<-subset.data.frame(mydata, score==5) high_score<-subset.data.frame(mydata, score>5) # # Hypotheses testing # # temperature wilcox.test(low_score[,4], high_score[,4]) # relative humidity wilcox.test(low_score[,5], high_score[,5]) # atm. pressure wilcox.test(low_score[,6], high_score[,6]) # saturation vapor pressure wilcox.test(low_score[,7], high_score[,7]) # partial vapor pressure wilcox.test(low_score[,8], high_score[,8]) # absolute humidity wilcox.test(low_score[,9], high_score[,9]) # dry air density wilcox.test(low_score[,10], high_score[,10]) # air density wilcox.test(low_score[,11], high_score[,11]) # # Plotting # labels = c("temperature (°C)", "relative humidity (%)", "atm. pressure (hPa)", "saturation vapor pressure (hPa)", "partial vapor pressure (hPa)", "absolute humidity (g/m^3)", "dry air density (g/m^3)", "air density (g/m^3)") for (i in 4:11) { boxplot(low_score[,i], mean_score[,i], high_score[,i], ylab = labels[i-3], names = c("score < 5", "score = 5", "score > 5") ) points(1:3, c(mean(low_score[,i], na.rm = T), mean(mean_score[,i], na.rm = T), mean(high_score[,i], na.rm = T)), col = "red", pch = 18) grid(col="darkgray") } # #------------------------------------------------------------------------------- # We plot the mean score for each month #------------------------------------------------------------------------------- # for (i in 1:4) { score_month<-subset.data.frame(mydata, month == i) plot (c(1:31),score_month[,12], type = "b", main = month_name[i], xlab = "day", ylab = "score", pch = 19, lty = 2, col = "red") grid(col="darkgray") }
I can’t sit at a desk, if not for short periods: sitting drastically reduces my cognitive performance. This corner is where I spend my days, during summer.
In general, having such a heterogenous display of books at hand (from biology to math, from anatomy for arts to computer science, etc.) is not good, if you have to focus on a project. But in my case, I find that when I am too sick to do mathematics, I may still have some energy left, to spend on drawing or reading.
So, if I want to minimize the time lost, I have to continuously switch activities, according to how I feel at that particular moment. And still, most of my life goes wasted, despite my best efforts.
I have calculated that the total amount of good days per year (the ones during which I can think) is of about two months, on average. Some years I had more days than that, several years I did not improve at all. This has been my life since I was 20-22.
Catullo ha scritto quasi 21 secoli fa ma è contemporaneo, sia per il linguaggio che per il contenuto. Solo la lingua è antica; ma sopravvissuta plus uno perenne saeclo, se si pensa che ancora all’inizio del Novecento il latino si usava per gli articoli scientifici (R) e Newton usò il latino per scrivere quella che è (e forse rimarrà per sempre) la singola opera scientifica più importante in assoluto, i Philosophiae Naturalis Principia Mathematica (1687). Non dico nulla di nuovo, lo so; ma può darsi che, se tornerete a Catullo dopo una vita, scoprirete davvero questa banalità per la prima volta, come è successo a me. Catullo ha detto già tanto, forse tutto, sull’amore, l’amicizia, e il dolore. E quello che manca non ha potuto dirlo solo perché quella notte che est perpetua una dormienda, per lui è arrivata troppo presto, negandogli le esperienze della maturità e della vecchiezza. Ma in fondo, si dice, i poeti (come i matematici) non possono sopravvivere alla giovinezza, se non a costo di cambiare mestiere.
I carmi di Catullo sono come i vecchi codici di integrazione numerica in FORTRAN: un paradigma che si ripete in ogni linguaggio, mai più universale però come la prima volta. Scritti una volta per tutte, destinati ad essere copiati per sempre: in Python, Matlab, Julia, Octave, R, e tutti i compilatori che verranno.
Qui propongo la traduzione di due carmi, tra i più famosi (come se ce ne fosse bisogno): il carme CI l’ho reso in endecasillabi, il carme VIII con versi composti, forzati dalle interrogative finali, che non sembrano ammettere una riduzione. Una traduzione è sempre opera del traduttore, non sarà mai fedele: la speranza di rendere i suoni, le allitterazioni, e il ritmo è talmente vana da essere folle. E poi la grafia, anche quella forse conta: le V con la loro simmetrica decisione, le P al vento, le morbide B. Tutto significa qualcosa e non tutto è traducibile. Catullo poi sembra davvero non avere bisogno di essere attualizzato: è un uomo come noi. Per cui questo è soprattutto un invito a rileggere l’originale.
Con la speranza, nel tempo, di aggiungere altre traduzioni, anche di altri autori.
(Foto: affresco della Villa dei Misteri, Pompei, prima del 23 d.C.)
Catulli veronensis carmina, CI (3 agosto 2022)
Per distese di acque, di gente in gente
giungo qui al tuo mesto funerale
per onorarti con l'ultimo dono
e parlare alla tua cenere muta,
fratello che la sorte mi ha già tolto,
strappato, ahimè, così crudelmente.
Accetta doni funebri almeno,
secondo la tradizione dei padri,
bagnati del pianto mio fraterno.
Ti saluto, ora e per sempre addio.
Per il testo originale e la lettura metrica si veda qui.
Catulli veronensis carmina, VIII (luglio 2022)
Povero Catullo, dalla follia desisti, e ora accetta che ciò che è perduto è perso. Giorni luminosi brillarono un tempo, quando ti affannavi dietro i capricci dell'amata come amata nessuna mai, si consumavano gli infiniti giochi d'amore che bramavi e lei non negava. Davvero brillarono giorni luminosi. Ma lei ora non vuole più e tu fa' altrettanto, non rincorrerla, affràncati dalla miseria, ma sopporta con animo ostinato, resisti. Addio, ragazza, ti resisterà Catullo, non ti cercherà più, non ti vorrà se non vuoi: ma soffrirai quando non sarai più voluta. Maledetta! Dove ti porta ora la vita? Chi verrà ora a trovarti? Per chi sarai bella? Chi amerai ora? Di chi sarai per il mondo? Chi bacerai? A chi morderai le labbra? Ma tu Catullo ostinatamente persisti.
Il verso 5 (amata nobis quam amabitur nulla) lo si ritrova quasi identico nel carme XXXVII, verso 12 (amata tantum quam amabitur nulla). Eppure tanto il carme VIII scorre su una nota di delicata sensibilità, quanto il 37 esprime una violenta, sconcertante, volgarità (si veda qui per una traduzione del XXXVII).
Per il testo originale e la lettura metrica si veda qui.
Catulli veronensis carmina, I (agosto 2022)
A chi dedico il nuovo libello, gioiello emendato d'ogni difetto? A te che eri solito, Cornelio, lodare queste mie cose da nulla, da quando solo sulla Penisola di tutto il Tempo ti cimentavi in tre volumi ponderosi e dotti, per Giove, a raccontare ricordi. Accetta pertanto questo libello, per ciò che vale e che sopravvivere, Signora fanciulla, possa per sempre.
Per il testo originale e la lettura metrica si veda qui.
Aeneis, Liber II, v 201-224 (Agosto 2022)
Assegnato al culto del dio Nettuno
Laocoonte un degno toro offriva.
Ma da Tenedo adesso le calme acque
sovrastano immensi due serpenti
che speculari puntano la costa,
i colli eretti tra i flutti, vermiglie
le creste sopra le onde, immensa mole
del corpo si snoda, e sfiora il mare.
Scroscio di schiuma, e sono sulla riva,
gli occhi iniettati di sangue di fuoco,
lingue vibranti e labbra sibilanti.
Fuggiamo, a Laocoonte aspirano,
ma prima i piccoli corpi dei figli
ambedue i serpenti avvolti stringon
e ingoiano i morsi dei miseri arti.
Poi assalgono il padre accorso in aiuto
armato che nelle spire è legato;
e già su di lui torreggiano, stretto
due volte il busto, per due il collo avvinto.
Mentre tenta di liberare i nodi,
le vesti pregne di bava letale,
grida disumane lancia alle stelle,
qual mugge il toro che l'altare fugge
scuotendo il collo, la malferma scure.
Reso in edencasillabi. Di seguito riporto il conteggio delle sillabe, tenendo conto delle sinafele.
as
se
gna
toal
cul
to
del
dio
Net
tu
no
La
o
co
on
te
de
gno
to
roof
fri
va
ma
da
Te
ne
doa
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meac
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no
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ste
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deim
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le
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si
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scro
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ti
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no
ma
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co
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go
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si
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se
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ti
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go
noil
pa
dreac
cor
soin
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le
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e
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ra
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no
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su
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lan
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le
qual
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geil
to
ro
che
lal
ta
re
fug
ge
scuo
ten
doil
col
lo
la
al
fer
ma
scu
re
L’intero secondo libro della Eneide in latino si trova qui. In particolare, i versi tradotti sono i seguenti.
Laocoon, ductus Neptuno forte sacerdos,
solemnes taurum ingentem mactabat ad aras.
Ecce autem gemini a Tenedo tranquilla per alta
(horresco referens) immensis orbibus angues
incumbunt pelago, pariterque ad litora tendunt:
pectora quorum inter fluctus arrecta, iubaeque
sanguineae exsuperant undas: pars cetera pontum
pone legit, sinvatque immensa volumine terga.
Fit sonitus spumante salo: iamque arva tenebant,
ardentesque oculos suffecti sanguine, et igni,
sibila lambebant linguis vibrantibus ora.
Diffugimus visu exsangues: illi agmine certo
Laocoonta petunt, et primum parva duorum
corpora natorum serpens amplexus uterque
implicat, et miseros morsu depascitur artus.
Post ipsum auxilio subeuntem ac tela ferentem
corripiunt spirisque ligant ingentibus; et iam
bis medium amplexi, bis collo squamea circum
terga dati, superant capite et cervicibus altis.
Ille simul manibus tendit divellere nodos
perfusus sanie vittas atroque veneno;
clamores simul horrendos ad sidera tollit,
quales mugitus, fugit cum saucius aras
taurus et incertam excussit cervice securim.
At gemini lapsu delubra ad summa dracones
effugiunt, saevaeque petunt Tritonidis arcem,
sub pedibusque deae, clypeique sub orbe teguntur.
Di seguito le medesime parole, disposte nella costruzione italiana, con una traduzione parola per parola.
Laocoon, ductus sacerdos Neptuno forte, mactabat ingentem taurum ad aras solemnes.
Laocoonte, nominato sacerdote di Nettuno per sorteggio, uccideva un grande toro presso i solenni altari.
Ecce autem a Tenedo per alta tranquilla [aequora]angues gemini(horresco referens) incumbunt pelago immensis orbibus,pariterque tendunt ad litora:
Ma ecco che da Tenedo, attraverso le acque tranquille, due serpenti gemelli (inorridisco nel raccontarlo) sovrastano il mare con le spire immense, e puntano la riva all’unisono:
i petti dei quali sono eretti sui flutti, e le creste vermiglie si innalzano oltre le onde: il resto del corpo sfiora il mare, dietro, e snoda il dorso in immense spire.
Sonitus fit salo spumante: iamque tenebat arvaet, oculos ardentes [acc. di rel.] suffectisanguine et igni, lambebant sibila ora linguis vibrantibus.
Un gorgoglio è generato dalla mare spumeggiante: già avevano raggiunto la costa e, con occhi ardenti iniettati di sangue e fuoco, lambivano le bocche sibilanto con lingue vibranti.
Diffugimus exangues visu: illi petunt Laocoonta, agmine certo, et primum uterque serpensamplexusimplicat parva corporaduorum natorum, et depasciturmiseros artus morsu.
Scappiamo con visi esangui: essi puntano Laocoonte, con andatura decisa, e prima i due serpenti stringono, avvolti, i piccoli corpi dei due figli, e divorano i miseri arti a morsi.
Post corripiunt ipsum [Laocoonta], auxilio subeuntem ac tela ferentem, et ligantspiris ingentibus;
Quindi assalgono lo stesso Laocoonte, che accorre in soccorso e porta delle armi, e lo avvincono con le ingenti spire;
et iamamplexi bis medium[acc. di rel.], circumdati [timesi]squamea terga [acc. di rel.] bis collo, superant altiscapite et cervicibus.
e stretto due volte il busto [di Laocoonte], due volte avvolte intorno al collo le terga squamose, già torreggiano con il collo e il capo.
Ille simul tendit divellere nodos manibus, vittas perfusus[acc. alla greca]sanieet atro veneno; simul tollit horrendos clamoresad sidera:
Lui, con le bende imbevute di bava e veleno nero, tenta di sciogliere i nodi con le mani mentre leva orrende grida al cielo,
quales mugitus taurus [tollit], cum fugit saucius aras, et excussit incertamsecurimcervice.
come i muggiti del toro che fugge ferito dall’altare mentre si squote dal collo la scure malferma.
At gemini draconeseffugiuntlapsu ad summa delubra, et petunt arcem saevaeTritonidis, et teguntur sub pedibus deae, et sub orbe clypei.
E i draghi gemelli fuggono strisciando verso gli alti santuari, e si dirigono all’altare della ostile Tritonia [Atena], e si nascondono sotto i piedi della dea, sotto il cerchio dello scudo.
Aeneis, Liber IV, v 607-621 (Gennaio 2023)
Sole, tu che illumini i giorni umani,
Giunone, che sai del mio dolore,
Ecate, che tormenti i sonni urbani.
E voi Dirae e dèi d'Elissa che muore,
se sventura benevolenza vale,
ascoltatemi. Poiché l'impostore
le ancore getterà al litorale
e questo Giove comanda che accada,
almeno che un nemico eccezionale
incontri, solitario esule vada,
implori aiuto, e veda le morti
amare dei suoi e la vita non goda
e il trono e il regno a pace iniqua porti.
Ma cada anzitempo e senza sepolcro.
Ciò chiedo col sangue per le sue sorti.
Terzine con rime ABA, BCB, …. Di seguito riporto il conteggio delle sillabe, tenendo conto delle sinafele.
So
le
tu
cheil
lu
mi
nii
gior
niu
ma
ni
Giu
no
ne
che
sai
del
mi
o
do
lo
re
E
ca
te
che
tor
men
tii
son
niur
ba
ni
e
voi
Di
raee
déi
d’E
lis
sa
che
muo
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L'intero quarto libro della Eneide in latino si trova qui. In particolare, i versi tradotti sono i seguenti.
Sol, qui terrarum flammis opera omnia lustras;
tuque harum interpres curarum et conscia, Iuno,
nocturnisque Hecate triviis ululata per urbes,
et Dirae ultrices, et di morientis Elisae,
accipite haec: meritumque malis advertite numen,
et nostras audite preces. Si tangere portus
infandum caput, ac terris adnare necessest:
et si fata Iovis poscunt; hic terminus haeret:
at bello audacis populi vexatus, et armis,
finibus extorris, complexu avulsus Iuli,
auxilium imploret, videatque indigna suorum
funera: nec, cum se sub leges pacis iniquae
tradiderit, regno aut optata luce fruatur:
sed cadat ante diem mediaque inhumatus arena.
Haec precor, hanc vocem extremam cum sanguine fundo.
Di seguito le medesime parole, disposte nella costruzione italiana, con una traduzione parola per parola.
Sol, qui flammis opera omnia terrarum lustras;
Sole, che illumini con il fuoco tutte le attività della Terra;
et tu, Iuno, interpreset consciaharum curarum,
e tu, Giunone, intermediaria e complice di questi affanni
et Hecate ululata nocturnistriviis per urbes,
e Ecate, invocata con ululati nei trivi di notte, per le città,
et Dirae ultrices, et di morientis Elisae,
e Dirae vendici, e dèi di Elissa che muore
accipite haec: et advertite malis meritumnumen, et nostras audite preces.
accettate queste [parole] e rivolgete alle sventure la meritata benevolenza, e ascoltate le mie preghiere.
Si necessestinfandum caput tangere portusac terris adnareet si fata Iovis poscunt
Se è inevitabile che lo scellerato debba toccare il porto e raggiungere la terra e questo stabilisce il volere di Giove,
hic terminus haeret: at vexatus bello et armisaudacis populi,
che così sia: almeno sia vessato dalla opposizione armata di un popolo audace,
finibus extorris, avulsus complexu Iuli, auxilium imploret,
sia bandito dal territorio, lontano dall’abbraccio di Iulio, implori aiuto,
videatque indigna suorum funera: nec, cum se tradideritsub leges iniquae pacis, regno aut optata luce fruatur:
assista alla morte indegna dei suoi, né – sottopostosi a un patto iniquo di pace – goda il regno e la dolce vita:
sed cadat ante diem et inhumatus media arena.
ma cada anzi tempo e resti senza sepoltura sulla spiaggia.
Haec precor, hanc vocem extremam cum sanguine fundo.
Di questo vi supplico; queste ultime parole pronuncio col sangue.
Le mie poesie, per lo più in ordine cronologico, dalla adolescenza a oggi. Forse due sono riuscite per metà. Ho trovato stupito degli endecasillabi, involontari come le espressioni del papà che ci sorprendono allo specchio, quando abbiamo la sua età. Ma per lo più la matrice è quella indicata da una delle poesie stesse, che dice:
prospera la poesia
su questa ambiguità affastella
più significati su un significante
togliendo le virgole
spezzando il discorso
il volo di una farfalla
che va da una parte
ma poi ci ripensa
Prima di partire (primavera 1995)
Caro ippocastano, oggi come sempre
se lo sguardo dai miei studi levo
a te li volgo e penso: ippocastano,
vero non è che uguali tutte le piante
sono perch'io le fronde tue fra tante
più care, le avrei riconosciute.
Caro ippocastano, oggi verdi e fresche
le tue foglie sono, e i germogli
di primavera sanno e sussurrano
ma dimmi se non ricordi l’inverno!
Insieme l’uno e l'altro accanto
abbiamo pianto, o forse ho pianto io
perché tu composto l’hai provato.
Ma sapevi che par morte ciò ch'è sonno
perché quando a punzecchiare cincia
riprese leggermente, come sempre
quest’anno i rami ho visto rinverdire.
Talora guardo alla finestra e noto
compiaciuto il tuo risveglio, ippocastano
ma tu sai come vanno le umane cose!
Assieme l’uno all’altro accanto
abbiamo vissuto, ma non ho radici
e a cambiar dimora sono costretto.
Qualora giù dal basso una carezza
sentirai, piangi caro ippocastano
perché io piangendo me ne vado.
La trattoria (primavera 1996)
Voci miste posate incrociate come campanelli bicchieri tintinnio che al brusio s’assomma musica al nascer si confonde e talora risa sguaiate e forti da esso emergono improvvise. Bottiglie disposte in file riflettono numerose luci dietro le vetrine.
Il cameriere rapido corre tra tovaglie bianche e bianchi tovaglioli salvietta sulle spalle sempre col sorriso.
Ma laggiù quell’uomo è sordo perso nel fondo smosso di un bicchiere.
Il gufo (11 giugno 1996, ore 15:38)
Il gufo volge teso i suoi languidi lumi. Bagliori penetrano le tenebre e nel bosco indietreggia la notte. Aspetta, raccolto nel folto col fiato sospeso. Ma si apre ormai l’occhio sulle valli incantate. Fruscio improvviso rompe per primo il silenzio. Il ramo, scosso, ondeggia.
Eco di pianto lontano. E’ solo il giorno che si rinnova.
Il gufo (18 giugno 1996, ore 21:06)
Prima del primo vagito dalla culla
del primo ronzare d'api per le valli
dell'acuto grido del rapace sui dirupi
il fruscio d'ali del gufo è il primo rumore
del mattino.
Commiato (luglio 1996)
Addio verdi pascoli e colli sinuosi
valli silenziose e austeri picchi
fresche fronde e giocosa fonte,
il sussurrio m'è dolce nell'ora estrema.
Addio carezzevole brezza
che corri lieve tra i fili d'erba
e i miei capelli e dolcemente
disperdi il filo del discorso.
Ricerca (1° ottobre 1996, ore 1:12)
Tra le coperte del letto avito nell'incerto lume del mattino o tra le ariose stanze della paterna casa; fra le ombre e gli echi del focolare o tra le gioie e i drammi del mercatino; nella folla scomposta o nelle notturne strade cittadine; fra le nostre valli silenziose e i venti discreti sulle romite vette; o tra le fulgide stelle delle notti d’estate io ti cercherò, papà.
O tra le pallide pietre del cimitero.
In auto (22 ottobre 1996)
Ruggiva riottoso il giorno morente
e il mondo stupiva prima del buio.
Iroso, i monti ammoniva e nel cielo
sperdeva le pavide nubi e già
incalzavano lontano da oriente
fulgidi astri che spegnevano il fuoco.
Forte batteva il mio cuore
e rapida l'auto correva.
E tu padre mio, che sorridevi
e guardando lontano dicevi:
Andiamo verso il sole!
Ovunque ti avrei seguito, papà
ma sei partito da solo.
L'uomo sulla montagna (autunno 1996)
C'è un uomo sulla montagna,
fra l'erba rugiadosa striscia
l'ultima notte
e in fondo alle valli scivola.
C'è un uomo sulla montagna,
nelle nubi basse, fra le valli,
ascolta la terra madida,
i dirupi assorti.
Ombra fra i vapori,
miraggio del mattino.
A volte vado a trovarlo,
piangiamo insieme
il nostro destino.
Spettro (1997)
Stendono gli ampi artigli
le tenebre predatrici.
Foschi monti osservano,
perversi incappucciati.
Affretto i miei passi,
paura mi assale,
terrore di non tornare.
Nubi maligne si insediano scaltre.
Allungo il passo, abbasso lo sguardo,
m'affanno a consumare il sentiero
che quasi scompare.
Alberi neri oscurano l'aria,
stendono i rami, mani insidiose.
Rumori alle spalle mi tormentano,
non oso voltarmi.
Sussurri tra i cedri,
sghignazzi fra i rovi,
da dietro veloce qualcuni m'insegue.
Accelero il passo, voglio fuggire.
Ma sgomento maggiore m'assale;
m'arresto, il petto tumulta,
un brivido forte mi scuote:
sospesa davanti un'ombra mi sta;
immobile, gobba, avvolta
in un nero sudario m'indaga.
Assorta mi sfida.
"Vegliardo o demonio che sia,
spettro maledetto, vattene via!"
Le gambe mi portano salvo oltre il colle,
intanto il corvo, sonnolento, scuote le ali
e in cerca di un più tranquillo ramo vola.
Ninna nanna (1997)
Dormi piccolo tesoro
che vien la notte dolce
dalle stelle d'oro,
(ma altrove ancora alto è il sole).
Dormi piccolo tesoro
che la mamma ti protegge
accarezzando i tuoi riccioli d'oro,
(ma la fame ghermisce altrove piccole prede).
Dormi piccolo tesoro
che il morbido guanciale il capo regge
e sogna del felice bambino d'oro,
(ma il gelo accarezza altrove deboli corpi).
Dormi piccolo tesoro,
alza il lembo sulle rosee guance,
chiudi gli occhi al dolce coro
che passa la morte
ed altrove le sue mani cala.
Anime (15 gennaio 1999)
Il sole taglia lo sguardo
liquida sfera,
il pozzo si stringe sorpreso.
Fluttering,
si danno e no
le remiganti al barbaglio,
è solo un attimo.
Il picco schernito?
Quello è il ricordo
anche per noi.
Vedi?
Non stanno sospese
a guardarci.
Caprioletto curioso (inverno 1999)
Caprioletto curioso tormento delle rupi vecchi induriti degli anfratti scontrosi.
Ombra soffusa, verde cupo. In vivide macchie la luce indaga i tessuti di una foglia novella, nel ronzare di un'ape si sfrangia, lampeggia un istante nella liquidità dell'iride.
Ora ti vedo sereno al lavoro, papà tu grande io piccolo, al cospetto. "Mamma mi ha chiesto il timo!" Meditato il rimprovero in una smorfia si scioglie, in un sorriso.
Ti stendo Paoletto tra le piume di quei giorni. Esterrefatto, lancinante vi bacio nel sogno voi tre.
Quadro del bisnonno Pietro (inverno 2000)
Riflessi sul fondo di uno specchio d'acqua o flusso sotterraneo di sangue quel morbidissimo panneggio annebbiato dal lutto.
Tante dita sottili gettate affrante su quel capo i capelli.
Testimonia indiscutibilmente una esistenza quel volto.
Malattia (aprile 2003)
Guardando il soffitto stillano lente le ore, come l’ultimo sangue di una gola recisa.
Respingo e accarezzo le lusinghe continue di una penna lucente, un coltello.
Sfogo a volte per strada di notte l’angoscia immobile del giorno.
Interrogo la sera i lampioni. Carezzandomi con pallida luce mesti mi dicono ‘non guarirai’.
Con un lumicino di speranza sempre disattesa sopporto la vita tra una visita e l’altra.
Invano il male esorcizzo con formule arcane, i nomi misteriosi delle medicine.
Sfoglio i giorni a centinaia, come pagine insignificanti di un’agenda senza memorie.
Convalescenza (aprile 2003)
Malati e inconsistenti tepori poi inverno di nuovo per giorni. Ogni anno una lotta in sordina.
Così la salute per me. Solo tardi ho voluto capire che un succo dolcissimo mi era concesso.
Le lucertole mi insegnano ora. Quelle vecchie che conoscono il gioco e quelle novelle sbocciate l’estate.
Da campi nascosti bevo avido il primo sole, sulle rocce mi riposo placido e stanco come un anziano. Incredulo ammiro i colori del mondo ritrovato.
Alberi (4 novembre 2004)
Quanti autunni sono venuti con il loro fresco tonificante a darmi sollievo? Cosa resta dei cieli d'autunno, dello scricchiolare sotto i piedi delle lacrime brune dei platani? Degli acquazzoni che gridano che l'estate è finita, del tempo vissuto con i miei genitori cosa mi resta?
Conservo forse le parole di mio padre quando lo seguivo, lupetto curioso, nel buio sottobosco della villa? Un istante vivo di quei giorni non mi rimane.
Ho scoperto cosa c’è negli alberi che ci affascina. Loro sono i nostri morti che quietano i cuori con il coro delle voci dei mille rami dei mille anni della nuova vita nutrita dalle vite dei mille padri, delle madri, dei mille figli e sposi per i cuori smarriti che stillano lacrime per le cose che ogni giorno ci scorrono fra le dita.
L'uomo di neanderthal (4 dicembre 2004)
Forte, buono ora anche bello il neandertaliano per i paleoantropologi.
Scienziati canuti invecchiati in un museo a fissare le orbite vuote degli antenati ritrovano pallide luci dell’adolescenza sogni di esplorazioni e di scoperte.
Emerge un ricordo tenero il padre che da tanti anni non rientra più a casa dopo il lavoro e sono di nuovo bambini.
Come fare a parlare dell’uomo che più hanno amato dell’uomo migliore del mondo senza piangere senza dare sospetti?
Caro neandertaliano hai conquistato le terre fredde della mia mente. Sei il pensiero più bello e pulito che abbia mai avuto.
La mamma (20 aprile 2005, ore 22:15)
Un volto più caro più noto del tuo c’è stato mai? Occhi più dolci corpo più caldo braccia più forti per stringermi le ho mai conosciute?
Sciogliere nell’acqua i colori del tuo viso come il pigmento come ho potuto? Dimenticarti per sempre scomporre i tuoi lineamenti confonderli come nei puzzle di quando ero piccino perché?
Ti ho fatto morire anche nel ricordo per non dover soffrire.
Viaggio impossibile (2006)
Contro le correnti del Tempo maestose severe mi scuotono ma cedono gli eoni
paurosamente incombono i divieti infrangibili a stento schivo i no imperiosi lambendo con un brivido le vallate sospese delle paure congenite risalgo con sforzo le Leggi trepidante mi godo il silenzio attonito
forse sarò il primo schianterò tra un battito e l’altro il divieto ineluttabile scivolerò oltre su una sospesa vertigine
e ti rivedrò.
Paleoantropologo (19 maggio 2007)
Una vita invecchiata dietro le ossa a far combaciare frammenti di volti sottratti alla pietra che ne chiuse le gole quando era terra
comporre e scomporre con dita veloci di giovane uomo misurare e descrivere con la sicurezza dell’uomo maturo lasciando infinite stagioni oltre la finestra dietro le spalle
per ritrovare poi vivo solo alla fine nel riflesso di un vetro il viso tanto cercato
quello del padre che da una sera di tanti anni prima non rientra più a casa dopo il lavoro.
Genesi 3,14 (17 dicembre 2009)
Eva amata candida figlia e tu Adamo dolce speranza ascoltate
nel tempo prima dei tempi prima che foste anche solo pensiero quando tutto abitava in me solo prima di Eden e degli altri infiniti giardini che vi ho riservato oltre la cortina cangiante del cielo prima di tutto volli svelare della gioia il volto segreto non per me ma per dare alla luce creature che mi fossero grate di respirare
trarle dal Nulla non posso pensavo se poi non sapessi farle felici
tenere fronti dolci capi il vostro intelletto l’anima vostra può prosperare oppure appassire e languire a voi sta stimolarli io vi spiegherò come
sapete dirmi perché gli uccelli sanno librarsi mentre le stelle cadono giù? Eva coraggio! Adamo dimmelo tu non lo sapete lo so ho voluto così dovrete scoprire ogni cosa e nel farlo la mente incerta si accrescerà con fatica senz'altro ma con somma soddisfazione avrete il potere ma lo dovrete strappare perché ho previsto una legge per ogni cosa le ho scritte in filo d’argento e poi le ho nascoste perché le cerchiate
il potere strappato camminando sul ventre mangiando la polvere ogni giorno è l’unico di cui si possa godere questo è il segreto di una vita felice
ma attenti! non dovrete mai languire! il sonno vi trovi operosi poiché nel morire da vivi non c’è nulla di male piccoli miei l’unica sventura che in questo mio mondo dovrete evitare è che viviate da morti.
Nessun messaggio nuovo (2009)
Trecento milligrammi quattrocento, o niente. Polvere fine in capsule d’ostia o gocce benedette di fiale ambrate. Mi affido al pantheon della farmacopea: Risperidone padre celeste Sertralina sua sposa Trazodone dio dei mari…
Assidua presenza l’ostinazione del cellulare e del computer senza nessun messaggio nuovo. E la speranza frustrata di mordere i soccorritori come un animale ferito.
Le tracce non ritrovo in questa stanza della guerra tra la rabbia e l’impotenza. Il cranio ne è il teatro mille e quattrocento grammi di cervello sfibrato le rovine.
Tutto quello che rimane adesso è il desiderio di rivivere un giorno da essere umano. Come quando da bambino ogni giorno era una vita intera.
Oggi (13 ottobre 2010)
Generazioni nascono e muoiono e a restare di noi sono solo atomi di azoto e carbonio dispersi nei sussurri anonimi delle piante e del vento nel gorgoglio delle acque le voci di miliardi di anime senza memoria.
Il passato fluisce in un pozzo che non c’è il futuro non ci appartiene e per morire ce ne vuole di pazienza più di quanta se ne abbia avuta mai per vivere e di denti da stringere per chi resta.
E allora dillo adesso che gli vuoi bene e non risparmiare le forze: la vita non può essere un’abitudine perché oggi è tutta la nostra vita.
Oggi
Senza vagiti (2 novembre 2010)
Quello che ho trovato oltre la porta non eri più tu tu non eri già più familiare e completamente alieno
dimentico ogni volta ma busso e aspetto davanti a quella porta sono morto e sono nato allucinato attonito un neonato già adulto senza vagiti
ma dove sono? nella mia città? e dove altro
adesso sono veramente solo con la tua giacca di fronte all’Inverno.
Sindone (14 novembre 2010)
Quanta sofferenza il flagello e le percosse e quanto è dura a morire sulla croce
questo ti hanno fatto gli uomini ma in fondo te la sei cavata con poco in poche ore te la sei cavata
noi uomini non siamo così fortunati malattie bizzarre e crudeli giovani menti perdute nella psicosi e bambini sepolti dai capricci della terra
questo ci fanno le divinità e mille stigmate sono solo dei graffi qualche miracolo un’ingiustizia
non è che una goccia la tua sofferenza una voce in miliardi di grida.
Lacrime (7 dicembre 2010)
Tra le circonvoluzioni di quel velluto morbido che diciamo tuttavia corteccia il tessuto deve aver ceduto
o più giù nella trama impossibile di dendriti che ci piace chiamare cuore di rami e di radici come frattali qualcosa si è spezzato
Forse nel nucleo antico il tronco encefalico deve essersi incrinato
perché dalle sorgenti nascoste non nascono più le lacrime.
Sepolcri imbiancati (7 dicembre 2010)
È caduto l’ultimo velo e fisso attonito il vuoto oltre l’ostinata finzione delle chiacchiere sul tempo e la partita il nuovo romanzo di cui non si vede il bisogno i pettegolezzi e le mode i vuoti rituali dei sacerdoti tutto quello che fate per non vedere la futilità degli scopi la fragilità della vita
i giocattoli degli adulti sepolcri imbiancati le auto e le case gli indumenti più scomodi che utili e l’affanno per le cose da sfoggiare per i piaceri di cui non abbiamo bisogno
tutto per scordare ciò che già sapevamo perché hanno ragione i bambini e anche io ho di nuovo paura del buio.
Sepolcri imbiancati
Tempo (8 dicembre 2010)
Si ferma il tempo per tutto il tempo che vorrò sono solo un bisbiglio tutte le voci del mondo e il mondo non corre più sul suo filo di seta
una biglia colorata su una pista di giganti ma anche una macina grave sul suo asse che macina i giorni oltre i millenni per millenni migliaia di vite a ogni giro da sempre e per sempre perché?
si ferma il roteare delle stelle per tutto il tempo che vorrò sono solo sulla strada che non ritrovo casa con il moto della terra e del sole e della nostra galassia non siamo più nelle regioni dove siamo nati per il roteare delle stelle rispetto a cosa?
pensiamo di restare fermi sotto una quercia e non è vero schizziamo nel nulla senza sentirlo perché il moto è inerziale e questo ci inganna
si ferma il tempo in questa stanza siamo soli per tutto il tempo che vorrai il giorno e la notte uguali con il respiro sospeso la neve non si scioglie al sole.
Tempo
Primati (9 dicembre 2010)
Lo volete sapere? siete primati con l’abitudine curiosa di indossare vestiti sì! di scimmiottare gli dèi fatti come voi da voi perché fosse più facile già! quel vegliardo che è in ogni cultura e quell’Apollo di trent’anni al quale cambiate sempre il nome e la mamma che ancora vi allatta
ma poi perché li invocate quando vi ammazzate a vicenda? con il metallo la combustione o i giocattoli atomici che vi sembrano chissà cosa simboli fallici di maschi aggressivi più dei gorilla che fanno un gran chiasso ma sono buoni
non vi vedete? camuffati col doppio petto e lo smartphone ma con le scarpe di pelle ancora le pelli indossate delle vostre prede travestiti da dèi vi distinguete da chi? dai primati? non credo
sapete cosa? Dio è il maschio alfa e lo venerate lì siete rimasti e se qualcuno lo nota gli fate il grugno.
Primati
Disegni (15 dicembre 2010)
Una notte si fermerà la sveglia
e per me sarà finita
una foglia vive solo un’estate
e nessuno la ricorda
nel lavorio dei batteri
divide con la neve la stessa sorte
e allora verso le lacrime
in una bottiglia
e tutti i battiti del cuore
li affido al mare
i miei quattro disegni senza valore
è come una magia
la luce dello scanner
e in un lampo sono cifre i miei pensieri
uno e zero
la solitudine e il nulla
bit
il canto di una cincia
fra olmi e faggi di nessuno
nel bosco che valica gli eoni
e se fra mille orbite
o mille volte mille dei cicli
che ci sopravvivono da sempre
un archeologo saprà ricomporre
una sola sequenza
di numeri binari
allora tra le pagine di un libro
una foglia si sarà salvata.
Disegni
Lascaux (16 dicembre 2010)
Lo immagino su una roccia seduto con il mento in un palmo per cento e più dei secoli della nostra storia
immagino che si sia commosso il Tempo per una volta nelle stanze intime della terra ha fermato i giorni a quel giorno che l’ultimo dei pittori lasciò un disegno e portò via i suoi colori
sono ancora lì i cervi megaceri non si sono estinti i mammut in quelle grotte un fiume perduto si è conservato ecco, lo guada un gruppo di renne per sempre e l’altra sponda non arriva mai
immaginate che mi sia commosso seduto con il mento in un palmo sulla riva di quel fiume il mondo non si è perduto
la terra ha chiuso da tempo gli occhi di quegli uomini ed è diventata pietra eppure ho visto l’ultimo dei pittori guardare il suo lavoro seduto con il mento in un palmo è ancora lì e diecimila anni fa non ha portato via i suoi colori.
Lascaux
Autunno (25 dicembre 2010)
Avevo vent’anni sulla cima di quella parabola un acrobata incosciente come quando da bambino seguivo nostro padre in cantiere troppo felice per guardare in basso così veloce il pensiero da non poter stare fermo troppo bello il cielo d’Autunno per rinunciare a toccarlo tardi per non cadere
avevo vent’anni e ne ho avuti cento precipitare è così facile è così bello lontano dal cielo un angelo triste mi ha vegliato senza parole senza apparire nella selva di Dante c’ero davvero tra le conifere immobile in attesa che indietreggiasse la notte hai fatto più tu di tanti abbracci di carta hai detto di più di tanti saggi a noleggio
essere non apparire hai lasciato su un faggio perché lo trovassi quando non ho trovato che un corpo quando fosti sicuro che avessi ritrovato me stesso
tardi per volerti bene poco due versi per la tua vita troppi danni per riparare troppo grave da concepire fuori da questa selva abusata ogni stella sarà appannata per sempre.
Libri (9 gennaio 2011)
Chiusi come le donne dei soldati aspettano monoliti austeri lontani come i ritratti degli antenati mi osservano da anni esercito di statue foglie di vecchi sogni dispersi sui tavoli corpi di un’antica battaglia quando tutto sembrava possibile con il potere dei libri bastava volere governano il mondo le equazioni differenziali
volavano le pagine al vento dei vent’anni la notte solo una candela e l’immobilità d’un geco e posso dire senz’altro di aver vissuto per sempre al vento dei vent’anni disperderei i miei trenta per un altro giorno per sempre
aspettano come la donna del soldato un crociato che non torna e Penelope forse questa volta ha chiuso l’ultimo nodo
per favore cercate un geco e una candela un ragazzo bizzarro sotto un cappuccio un piumino troppo corto guardate la manica destra se è rammendata ditegli che ancora lo aspetto da anni non ho chiuso l’ultimo nodo.
Mattino (13 gennaio 2011)
come una minaccia l’anima diafana che preme da fuori in attesa di qualcosa che non voglio
all’afelio di una lontanissima orbita prima mi scopro in una stanza ora emergono i libri affiancati sulle mensole statue marziali di qualche antico ordine di cavalieri severi maestri infallibili e disumani montagne senza vetta
il mattino convalescente cerca i colori della salute chiede di essere vissuto chiudo gli occhi e mi rannicchio c’è ancora tempo non si incarna il giorno è ancora solo un presagio
Unità di misura (09 gennaio 2011)
Prima della sveglia quando la veglia incalza gli ultimi sogni e la memoria li rifiuta questa mattina si fa avanti una nube confusa delle voci che ricordano qualcosa visi famigliari che ho visto ma dove?
il popolo delle unità di misura moltitudine incerta di profughi dispersi
il joule e l’erg si guardavano affranti indecisi se abbracciarsi o no incapaci di ricordare il rapporto che li legava il loro coefficiente di conversione
invano il tesla cercava di afferrare il secondo che schizzava sconvolto mentre il volt teneva stretto l’ohm che offriva resistenza con tutte le forze
e se il cavallo vapore provava disperatamente a disarcionare il watt il corpulento chilogrammo peso subiva in silenzio l’aggressione verbale del newton e la dina
ho visto poi il bar e il pascal vagare disperati sulle tracce del torricelli e la mole arrancare dietro la nazione vociante delle costanti fisiche numeri senza nome e senza misura popolo di terremotati che cerca le proprie case dopo il cataclisma.
Sarà capitato anche a voi di cercare le mattine di pioggia in aula nella memoria quante giornate le illustrazioni dei libri di storia le penne a sfera e i raccoglitori ad anelli i compiti in classe quanti temi e quanti esercizi più importanti del resto del mondo tutto il mondo allora quanto poco adesso.
Punto e virgola (11 gennaio 2011)
ibis redibis non morieris in bello
una virgola è tutto la differenza fra vita e morte condanna o speranza basta un segno a cancellare i sogni ma se il destino è in versi ciascuno legge il futuro che vuole
prospera la poesia su questa ambiguità affastella più significati su un significante togliendo le virgole spezzando il discorso il volo di una farfalla che va da una parte ma poi ci ripensa traccia più direzioni e le lascia lì ognuno raccoglie quella che vuole.
Infanzia (1 aprile 2011)
Ricordo i miei amici come erano allora i bambini che sono stati quando restammo sulla soglia dell’adolescenza con il viso rivolto indietro segnato dalla terra e dal sole
giornate di caccia alle rane boccate di vento in bicicletta sgridate per il ritardo alla cena per le scarpe rovinate pedalate memorabili camere d’aria bucate graffi e ginocchia sbucciate micetti e ciotoline di latte
viaggi epici ai confini del mondo assaggio precoce di libertà a un passo da casa inebriati e spaventati scoprimmo l’abisso di un mondo più vasto lontano da mamma e papà
mi rivedo perso con loro tra colonne di pioppi sotto le volte dell’albero che si dice del sole tirato dai rovi marcato dal succo acre delle graminacee ferite eccoci persi in un passo favoloso cimitero di megaliti assorti pelle di muschio e rughe cadenti fondali induriti di un mare scomparso in sudari tessuti con un popolo morto di simbionti le infinite anime calcaree dei bivalvi molluschi addormentati dai vagiti del mondo
naufragammo in un mare d’erba che arriva alla vita sulla schiena ripida di un monte grandioso regno dei venti mi chiamano ma turbina l’aria e non li sento in una distesa pettinata dal vento si sono disperse le nostre vite.
Agenda (20 luglio 2011)
Nascosto come un topo rannicchiato tra vestiti sparsi libri resti dei tentativi di evasione dal vuoto che ovunque tu vada ti rimette al centro che razza di gioco
la spada non serve la forza il nemico è oltre lo specchio dietro quegli occhi cerchiati ci sei tu l’impegno e la volontà non valgono più le regole sono diverse qui si cerca il tesoro la formula magici infiniti da ripetere all’infinito provare aggiungere togliere cambiare combinare sperare disperare
si ferma il tempo sulla strada sei una lancetta indecisa apri il fiume di gente che si richiude e non ti vede un giocattolo di latta non può ricaricarsi da solo
si ferma il tempo in questa stanza resti solo resta una penna esaurita sulle pagine di un’agenda senza memorie.
Agenda
Mente (13 settembre 2011)
Tre compresse al giorno e ci vediamo tra un mese
di mese in mese e negli anni dimenticasti com’era a ritrovarla senza di lei non ce l’hai fatta a rianimarla con la tecnologia ne hai confuso le orme
per gli altipiani di fossili in Etiopia e tra le formule dietro al futuro si perse tra le pagine a settembre a vent’anni gli unici giorni che tu mai abbia vissuto all’inizio di un libro chiuso da allora
la luce non viene più dell’alba dalle imposte o lo scroscio dei temporali lo stesso giorno da anni deteriorando ti dicono
ma ti avessero detto che si perde come i sogni al mattino oltre lo specchio mille volte la rivolevi com’era splendente a vent’anni dopo un brutto sogno la tua mente per sempre.
Oscillazioni
Schianto di specchi in costellazioni disperse di carapaci di vetro di blatte sorprese dalla luce alla fuga il pensiero
oppure ombra mefitica d’un sauropode stanco nella camera chiusa da mesi.
Oscillazioni
Clinica (18 novembre 2011)
Ti trovo meglio
ogni volta voglio crederci che io non me ne accorga ancora il richiamo del carrello dei farmaci e tutti in corridoio ammaestrati rassegnati con i palmi a scodella condomini muti ci guardiamo a vicenda diffidenza convivenza forzata
reparto chiuso in attesa richiamo delle chiavi e della porta a vetri tutti fuori nel giardino in gabbia la macchinetta del caffè un rituale che non stanca è il sangue di un dio pagano l’eucaristia che rassicura acqua e sapore di quotidiano nero però succo degli incubi di tutti noi di chi non uscirà mai di chi non uscirà più se stesso diverso qui qualcosa si è rotto.
Ulisse (18 febbraio 2011)
Si squarcerà lo Spazio resterà a guardare il Tempo in un angolo coprirà il grido con il sudario muto fra i grugniti dei Proci come topi sorpresi dalla luce fuoco negli occhi la rabbia di anni umiliata con le catene fruste adesso vortice chiuso in una stanza troppo a lungo perché un animale non diventassi alla fine per sopravvivere così un uomo non si può essere questo non è un uomo.
Getterò il mantello l’ombra delle strade notturne mimetismo dei fantasmi perduti quanti siamo quanto soli
A terra gli stracci onda d’urto mi riconoscerete con un brivido e sarà tardi.
Troppi anni in gabbia a leccare le ferite troppo a lungo da dimenticare di essere un uomo avete dimenticato che lo fossi quello che fui lo avete gettato nella torba in un giorno e dalla torba il turbine terribile represso sarà una tempesta
Un giorno ma non ora lecco ancora le ferite le catene di ferro sono maledette ancora cerco invano la mattina la chioma di Sansone tra i capelli che cadono scandendo gli anni.
Spazzatura
Affacciato sul mondo disperato del cassone nel pattume ho rivisto i pazienti di una clinica senza dimissioni popolo perduto lasciato a invecchiare in un giardino
pannolini lordi amorevoli balie mante albine hanno donato il candore per finire così in pasto al termovalorizzatore tutto il loro contributo ora è il calore di una combustione veloce
un paio di scarpe malinconiche usurate e stanche vecchi tonni spiaggiati aspettano senza proteste il prossimo carico nella massa mefitica banchetto osceno dei batteri saprofagi
e questa bicicletta inghiottita ha chiesto che provassi a salvarla le risparmiassi la sofferenza gratuita di anni di discarica non si augura a nessuno
un paio di pedali nuovi per ricominciare una spugna per detergere i brutti sogni e tutti i peccati sono rimessi adesso non c’è altro da scontare lubrificante ai cuscinetti perché la vita non sia più solo una salita nessuno merita di morire da solo.
Luce (dicembre 2011)
Che mondo è? E che devo fare?
Un atleta consuma da solo il fabbisogno quotidiano di cibo di un gruppo di Masai.
Un’auto brucia sull’asfalto in poche curve tanta energia quanta un bue sui campi ne spende in una vita di lavoro.
E un flacone di crema di quella per le rughe costa come una campagna di vaccinazione per un villaggio remoto dell’India.
Accendo la televisione e non ne posso più di oggetti che non servono di presentatori ruffiani di showgirl che stringi stringi praticano sempre la stessa arte in quel mondo di cartone che non è la poesia ma si chiamano artiste e di muscoli esibiti nutriti con chili e chili di carne sciupata
di telegiornali sui pettegolezzi di servizi sui parrucchieri dei gatti di applausi come temporali per scemenze nei talk-show e uguali ai funerali di shampoo antiforfora e detergenti così forti da uccidere tutti i germi senz’altro ma insieme a un intero ecosistema
di confezioni di antidepressivi il cui prezzo fa arrossire se dei bambini non hanno nemmeno il latte in popolazioni che sono alla rovina con il sorriso sulla bocca
di conti esorbitanti dal dentista per riparare i danni di un’alimentazione abnorme spendiamo più di quanto abbiano tanti per un’alimentazione che sia almeno sufficiente.
Facciamo studiare i giovani oltre i vent’anni quando un abbecedario è un lusso per i bambini col fucile sulla spalla.
Uno blu e uno verde io non li butto e con questi due accendini proviamoci a illuminare tutta la vita che ci rimane.
Sono un ambulante che ha incontrato questa sera un ambulante che mi ha regalato una cosa che io ora vi passo.
Luce
Palestra (23 febbraio 2011)
È sempre buio all’inizio si comincia sempre da zero si ricomincia cerco l’interruttore aspetto il ritardo e l’incertezza dei tubi al neon
la luce non basta dormono ancora enormi ragni cromati le macchine catalogati per massa i dischi neri sogni di ferro e carbonio manubri e bilancieri
sonno pesante di ghisa silenzio di sfida si comincia fisso il peso aggiungo pesi che tintinnano come bicchieri di cristallo sfiancano come sogni di piombo
espiro e tiro con tutta la rabbia inspiro e mollo piano però, non è una sconfitta e comincia il ballo del ferro duello con la carne è più forte la volontà sotto l’acciaio non soccombe
soli in due io e quel tale oltre lo specchio l’illusione di sollevare ogni problema di ricominciare da zero
è sempre buio all’inizio si è sempre soli.
Stelle
Perché vivi male? Perché mi vergogno E di cosa? Di aver vissuto male
Allora apri la finestra e ricomincia perché una vita si riscatta anche l’ultimo giorno e non rassegnarti il grigio non è una fatalità
sii più grande del muro più grande della vita stessa le stelle non sono solo da contare e se impegni la tua vita ottieni l’oro delle stelle
non guardarti attorno perché si gode il viaggio quando per goderlo non si ha il tempo avrai tempo per riposare tutto il Tempo quella notte che non metterai la sveglia
i tuoi occhi non dare per scontati la lucidità e le gambe perché tanti non sono così ricchi e darebbero la vita che resta per un giorno ti giuro di quelli che hai sciupato e l’ultimo giorno non è tardi se la mano trattiene ancora le stelle c’è tutto il tempo
è vero siamo solo uomini non siamo titani né dèi ma dei giganti siamo proprio per questo e se fallisci hai vinto comunque perché hai fallito se non hai tentato e forse la salita già per se stessa è la meta.
Ricordati che se il desiderio è sincero Dio mi disse un aviatore ci fa desiderare solo ciò che possiamo avere.
Stelle
Tram (9 gennaio 2011)
acquario utero d’acciaio una mamma gravida cuore di magnete sangue di elettroni ape regina di larve nidiata numerosa di monadi mute
rimugino mastico le parole con la fronte sul vetro non può essere così tutto qui non può essere
cervice del ventre d’acciaio pistoni idraulici la dilatano senza delicatezza finisco fuori dove vanno tutti quanti? fermo sulla soglia della quotidianità rimugino mastico l’infinito nascere non è mai stato facile
La guerra di Lyme (15 aprile 2016)
Non è mai stata Così piccola La balena bianca Balugina In un mare tutto interno.
Sulle rive dell'Ellesponto Serpeggiano gli Achei Spirochete Come pensieri insidiosi Ha trovato l'inganno Perfetto Ulisse Le cellule dendritiche Sono il mio cavallo di legno.
La barriera ematoencefalica La Normandia.
Melville, Omero, F. Jacob Le battaglie importanti La storia le affida ai poeti.
Candida e nera1.0 (15 aprile 2016)
Mi ricordo di averti seguita un giorno
Nel cuore del caldo
Dietro i bambini che si rincorrono
Ad Ur, i capelli neri e la figura snella
Sul baluginare dei muri imbiancati
Quattromila anni fa come ora
Indaffarata in qualcosa sovrappensiero
Ti infilavi in un uscio.
Ero lì, tra i buoi candidi
Che sfilavano pigri, divinità estinte
Di una Mesopotamia da migliaia di alluvioni
Sepolta.
E sono sicuro di averti vista
Nella tua auto, un pomeriggio di pioggia
Tante generazioni dopo di questa
In città, su un pianeta che non è il nostro
Intorno a una stella ancora senza nome
In un ramo della galassia.
Spigolosa e tenera, candida e nera
Il volto eterno della ragazza senza etnia
E senza epoca.
Gli zigomi larghi raccontano di popolazioni
Che inseguivano migrazioni epiche dall’Est
Di ungulati seminando
Commerci e guerre, altari e cimiteri.
La fronte ampia preserva secoli
Di civilizzazione, matematica e filosofia
Dei pascoli dell’Attica
Sotto il sole di Omero.
Sono arabi i capelli, hanno visto l’Africa del Nord
Gli occhi scuri ma luminosi
La caduta delle mura di Cartagine.
Sigilla storie anonime di amori vissuti
Tra papi e soldati, nei vicoli di città operose
O nelle campagne immobili del Medioevo
La bocca.
Un viso che racconta una storia
Quella dell’Uomo, le luci epiche e le tenebre
Di questa avventura favolosa
Candida e nera.
La retta e il punto1.0 (20 novembre 2018)
Avevi dieci anni in vacanza
con i tuoi tu di me non ti ricordi
ma ero lì in Egitto di passaggio
per gli altipiani di fossili, la terra
degli Afar.
Ti vidi e seppi di amare
la donna che saresti stata
e allora pregai la dea nera
i fianchi bruni che cullano
il mondo.
Siete separati da troppe stagioni
non si può – mi disse – la legge non vuole.
Avete solo una donna nella vita
dalla culla alla tomba di volto in volto
sono sempre io, dovresti saperlo.
La troverai con un’altra voce, dimentica
il suo nome.
Ma io pregai fino a farmi del male
la sedussi con l’arte che non pensavo
di avere e le strappai il patto terribile
che sarei stato una statua pur di poterti
amare. Tutto questo viaggio
immobile qui l’ho fatto solo
per te.
La dea ammonì che il tempo per me
non avrebbe ripreso e nel momento
in cui ti trovo ti perdo, resto indietro.
L’incontro dura l’intersezione
di una retta con un punto, tu devi andare
e io sorrido oltre il presagio liquido
del pianto.
L-Val1.0
Io scordarmi di te?
La spia sotto il cappottino
che attraversa trafelata
il cortile del condominio
oltre il diaframma della porta
come un'attrice
che dopo un'esitazione
esce dal film, dalla cornice
della sua recitazione
e mi misura dai piedi ai capelli
che si siede sul letto che tenevo
in sala ed è sola, persa
in un dolore che spera
io già conosca immersa.
Oppure la fanciulla elegante
con i pantaloni larghi
che imitano la gonna l'istante
che si ferma una sera d'estate
da Piazza Re di Roma non distante.
In Villa Celimontana, fiore patavino
tra le foglie oleandre;
e poi minuto corpicino
che mi fa sentire grande
nel riflesso del finestrino
sulla metro seduta affianco
alla mia camicia azzurra
tirata dal petto.
Dimentico tante cose,
ma questo no, prometto.
Titus Lucretius Carus, On the Nature of Things, V 529-533 (2022)
This is the subject of my teachings, and I go on to describe all the possible causes of the stars's movement across the Universe. Of these hypotheses, only one must be the right explanation, but what animates the bodies in the sky is still beyond the grasp of those who move at an honest pace through the path to Truth.
Candida e nera1.2 (luglio 2022)
Mi ricordo di averti seguita
quel giorno nel cuore del caldo
dietro i bimbi che si rincorrono
capelli neri, figura snella
ad Ur, sul baluginio dei muri
quattromila anni fa come ora
indaffarata in qualcosa
ti infilavi in un uscio.
Ero lì tra i buoi candidi
pigre divinità ora estinte
in Mesopotamia da migliaia
di alluvioni ormai sepolta.
E sono sicuro di averti vista
in auto, un pomeriggio di pioggia
tante generazioni a venire
in città, su un pianeta lontano
intorno una stella senza nome
in un ramo della Galassia.
Spigolosa e tenera il volto
senza etnia della ragazza
e senza epoca, candida e nera.
Gli zigomi larghi di popolazioni
che inseguivano da Est migrazioni
epiche di ungulati narrano,
commerci seminando e guerre,
candidi altari e neri averni.
La fronte ampia preserva secoli
di matematica e filosofia
dei pascoli attici di Euclide.
Sono arabi i capelli neri,
gli occhi scuri eppur luminosi
hanno visto a nord del Ciad l'Africa,
il crollo delle mura di Cartago.
Sigilla storie anonime di amori
vissuti tra papi e i soldati
nei vicoli di città operose
o anche nelle campagne immobili
del medioevo d'Europa, la bocca.
Un viso che racconta una storia,
quella dell'uomo: le luci epiche
e le tenebre di questa avventura
che è favolosa, candida e nera.
Candida e nera II, computo delle sillabe
L-Val 1.2 (agosto 2022)
Spia sotto il cappottino
che attraversa trafelata
il cortile del condominio
e il diaframma della porta
oltrepassa come un'attrice
che dopo un'esitazione
esce dal film, dalla cornice
della sua recitazione.
Si siede sul letto in sala
sempre sola comunque persa
è in un dolore che spera
io già conosca, immersa.
Oppure fanciulla elegante,
soavi vesti affusolate
che imitano la gonna l'istante
che si ferma, sera d'estate,
da Re di Roma non distante.
Sul Celio, fiore patavino,
oltre le foglie oleandre,
e poi minuto corpicino
vicino fa sentire grande
nel riflesso del finestrino
alla mia camicia affianco,
in metro, tirata dal petto.
Tante cose mi dimentico,
ahimè, ma questo no, prometto.
La retta e il punto 1.2 (3 agosto 2022)
Avevi dieci anni in vacanza
con i tuoi tu di me non ti ricordi
ma ero lì in Egitto di passaggio
per i fossili degli altipiani,
verso la terra degli Afariani.
Lì ti vidi e seppi di amare
la donna che saresti diventata.
E allora pregai la dea nera,
fianchi bruni che cullano il mondo.
Siete divisi da troppe stagioni
non si può – disse – la legge non vuole.
Hai solo una donna nella vita
da culla a tomba, di volto in volto
sono sempre io, dovresti saperlo.
La ritroverai con un’altra voce,
dimenticati il suo vero nome.
Ma io pregai fino a farmi del male
la sedussi con arte che ignoravo
di avere e le strappai il patto
terribile che sarei stato statua
pur di poterti amare un giorno.
Tutto questo viaggio l'ho fatto solo,
immobile qui, per te tesoro mio.
La dea ammonì che il tempo per me
non avrebbe ripreso e nel momento
in cui ti trovo ti perdo, resto indietro.
L’incontro dura l’intersezione
di una retta veloce con un punto,
tu devi andare e io sorrido
dietro presagio liquido di pianto.
Libri 1.2 (24 settembre 2022)
Chiusi come le donne dei soldati
aspettano, monoliti austeri
lontani come volti di antenati
osservano, esercito di statue
foglie di remoti sogni dispersi
sui tavoli corpi d'antico agone
quando tutto sembrava possibile
col potere dei libri mi bastava
la volontà: governano il mondo
le equazioni differenziali.
Sono come la moglie del soldato
che aspetta un crociato che non torna
e Penelope forse questa volta
ha sigillato il nodo finale.
Volavano le pagine al vento
dei vent'anni e nella notte solo
la candela e l'immobilità
d'un geco e posso dire senz'altro
di avere vissuto per sempre.
Per favore, sui terrazzi di notte
cercate un geco e la mia candela,
un ragazzo bizzarro e un cappuccio
di un piumino troppo corto, guardate
la manica destra s'è rammendata,
ditegli che lo aspetto ancora qui
e che non ho chiuso l'ultimo nodo.
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Agenda1.2 (24 settembre 2022)
Nascosto come un topo, rannicchiato
tra vestiti sparsi e tra libri, resti
di tentate evasioni dal vuoto
che ovunque tu vada ti mette al centro
di questa perversa specie di gioco.
Non servirà la spada né la forza:
il tuo nemico è oltre lo specchio
dietro quegli occhi cerchiati ci sei tu
impegno e volontà non valgono più.
Le regole sono diverse adesso
si cerca il tesoro, la formula,
infiniti da dire all’infinito:
aggiungere, riprovare, togliere
cambiare, combinare, poi sperare.
Ora si ferma il tempo sulla strada:
sei come una lancetta indecisa
che divide il fiume di persone
che si richiude e non ti ha visto.
Eppure un giocattolo di latta
non può mai ricaricarsi da solo.
Si ferma il tempo in questa stanza
resti solo, resta una penna vuota
sui fogli di un’agenda senza note.
Na
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st
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po
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nic
chia
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Libri 2.0 (Roma, Settembre 2022)
Chiusi, come le donne dei soldati
aspettano, austeri monoliti
lontani come volti di antenati
osservano, esercito di statue,
foglie di remoti sogni dispersi
sui tavoli corpi d’antico agone
quando tutto sembrava possibile.
Col potere dei libri mi bastava
la volontà: governa l’universo
l’equazione differenziale di Newton.
Volavano le pagine, al vento
dei vent’anni, e nella notte solo
una candela e l’immobilità
d’un geco, e posso dire senz’altro
di avere già vissuto, in eterno.
Avevo vent’anni e ne ho avuti cento,
nascosto come un topo, rannicchiato
tra vestiti sparsi, tra libri resti
delle tentate evasioni dal vuoto
che ovunque vada mi rimette al centro
di questa perversa specie di gioco.
Sono come la moglie del soldato
che aspetta un crociato che più non torna.
E Penelope forse questa volta
ha già sigillato il nodo finale.
Non servirà la spada, né la forza:
il mio nemico è oltre lo specchio
dietro quegli occhi cerchiati, sono io.
Non valgono più, volontà e impegno,
le regole sono diverse adesso
qui si cerca il tesoro, la formula,
infiniti da dire all’infinito:
aggiungere, riprovare, togliere,
cambiare, combinare, poi sperare.
Ora si ferma il tempo sulla strada:
sono come una lancetta indecisa
che divide quel fiume di persone
che si richiude senza avermi visto.
Ma si sa, un giocattolo di latta
non può mai ricaricarsi da solo.
Ora si ferma il tempo in questa stanza
resto solo resta una penna vuota
sui fogli di una agenda senza note.
Per favore, sui terrazzi di notte
cercate un geco e la mia candela,
un ragazzo bizzarro, un cappuccio
di un piumino troppo corto, guardate
la manica destra se è rammendata,
ditegli che lo aspetto ancora qui
e che non ho chiuso l’ultimo nodo.
Libri 2.1 (Buenos Aires, 31 Dicembre 2022)
Chiusi, come le donne dei soldati
aspettano, austeri monoliti
lontani come volti di antenati
osservano, esercito di statue,
foglie di remoti sogni dispersi
sui tavoli corpi d’antico agone
quando tutto sembrava possibile.
Con il potere dei libri bastava
la volontà: governa tutti i mondi
la legge differenziale di Newton.
Volavano, al vento dei vent’anni
le pagine, e nella notte solo
di un geco l’immobilità,
e una candela e posso dire senz’altro
di avere già vissuto, in eterno.
Avevo vent’anni e ne ho avuti cento,
nascosto come un topo, rannicchiato
tra vestiti sparsi, tra libri resti
delle tentate evasioni dal vuoto
che ovunque vada mi rimette al centro
di questa perversa specie di gioco.
Sono come la moglie del soldato
che aspetta un crociato che più non torna.
E Penelope forse questa volta
ha già sigillato il nodo finale.
Non servirà la spada, né la forza:
il mio nemico è oltre lo specchio
dietro quegli occhi cerchiati, sono io.
Non valgono più, volontà e impegno,
le regole sono diverse adesso
qui si cerca il tesoro, la formula,
infiniti da dire all’infinito:
aggiungere, riprovare, togliere,
cambiare, combinare, poi sperare.
Ora si ferma il tempo sulla strada:
sono come una lancetta indecisa
che divide quel fiume di persone
che si richiude senza avermi visto.
Ma si sa, un giocattolo di latta
non può mai ricaricarsi da solo.
Ora si ferma il tempo in questa stanza
resto solo resta una penna vuota
sui fogli di una agenda senza note.
Per favore, sui terrazzi di notte
cercate un geco e la mia candela,
un ragazzo bizzarro, un cappuccio
di un piumino troppo corto, guardate
la manica destra se è rammendata,
ditegli che lo aspetto ancora qui
e che non ho chiuso l’ultimo nodo.
Non ho la mia età, lo sai. Ma non perché abbia vissuto meno degli anni sui documenti: la verità è che gli anni li ho tutti, tutti quelli della Storia.
Vestivo la musica con le ossa cave, nei Balcani: intagliavo le asole ai femori d’orso, cercando le note che vibrano dentro le note, d’istinto pesando le perle della serie trigonometrica di quel Jean Baptiste che mi sarebbe stato benevolo commilitone, sotto Napoleone, cinquecentocinquanta secoli dopo. Tutta la Terra era un bosco, che si diceva nero e infinito, come lo spazio per voi; i mari, galassie. Migravamo da costa a costa, inventando i monologhi dei miei flauti, e spesso era foresta per vite intere. Le colonne d’aria che avevo imparato ad ammaestrare coprivano i conati coraggiosi delle prossime puerpere e tacevano ai vagiti, piangevano quando nessuno danzava più, ci facevano incrociare in quella solitudine senza nomi, illuminavano la notte delle conifere come una torcia nell’universo. Cantavano la felicità che vi ha generati.
Ad Ur fui fabbro dei Caldei e poi, generazioni seguenti, e con un altro nome, sacerdote. Era una città piena di sole che abbacinava, dove le divinità ungulate emulavano i simulacri speculari, assorti nelle loro sfilate sul candore dei muri. Ho detto città, ma per noi allora quella parola significava solo l’ambizione ingenua di inquadrare l’universo in qualche decina di strade, templi, granai, e uffici. Da loro coltivai l’arte nuova della scrittura.
Cinquecento anni dopo, mezzo millennio di solite meraviglie e di dolori sempre diversi, fui in Egitto, a raccogliere esempi del teorema di Pitagora: gli egizi non concepivano dimostrazioni generali, Euclide doveva ancora nascere e io sarei stato poi illuminato e distrutto dall’ingegno superiore della sua vita breve. I figli di Rha erano collezionisti di casi particolari di ogni enunciato, e così, con un singolo teorema, si garantivano scoperte per l’eternità. Lì fui scriba e architetto, di nome in nome, poi scultore, con l’amico Thutmose.
Fu sotto lo sguardo indifferente e lontano del dio lupo, mezzo uomo, che vidi Asmara la prima volta, tra tutta quella umanità che si spostava come la polvere che diventa stelle nel raggio di una finestra, come i girini che si rincorrono nel gioco infantile. Era un giorno di mercato, un mercato d’oriente, commercio dei colori delle cose inutili, così fondamentali per vivere; di gioie e drammi, di uomini che svendono la loro miseria; di esercizi di astuzia, di cose da grandi che volano sopra la testa dei piccoli tenuti per mano; di ammiccamenti che ti farebbero parlare a lungo, se dovessi spiegare, di falsi ingegnosi e originali. E quel giorno, che è un punto di una successione infinita di gesti distratti e prosaico quotidiano, mi è presente più degli altri, anche ora. Anche allora, quando modellai la carne, sul cuore di calcite sedimentata per tutta la mia vita, del volto di Nefertiti, Nefertiti fu Asmara che Asmara non era già più. Odiai quel busto e non lo finii, perché amai l’originale. Eppure, tremila anni dopo, percorsi l’Europa in fiamme, fino al centro dell’inferno, per salvarlo dalla distruzione di Berlino.
Gli dèi nascono e poi diventano paura in frantumi, dimenticati nella sabbia come Anubi, si avvicendano; ma se Pitagora offrì all’eternità l’incastro durevole della ipotenusa coi cateti, io porterò Asmara – morta e dispersa da millenni – riflessa come allora su queste iridi di conifere e terra, per sempre.
Putin recognizes two new independent republics on the east border of Ukraine so that he can enter Ukraine, without formally entering it (February 23rd, 2022). In this satiric illustration, Putin is stretching Ukraine’s borders with its own hands, making room for two new independent republics which are created with the only aim of allowing the Russian army to enter Ukraine from the east side and buy some time for setting up the armaments for the big invasion.
In celebration of the International Day of People with Disabilities, I would like to mention one of the most iconic movie characters with a disability: Darth Vader. With both his legs and both his arms amputated, he can move only thanks to very sophisticated prosthetic limbs. He also requires constant medical care and would not survive long without his highly technological suit. As Obi-Wan once said about him, he is “more a machine now than a man, twisted and evil.”
The character of Bane, the main villain in Nolan’s “The Dark Knight Rises”, follows pretty much this same paradigm: he also has a tragic past, he underwent mutilations like Anakin Skywalker, and just like him, he hides them behind a mask, that has also the function of keeping “the pain at bay” (this expression, pronounced by a secondary character in the movie, recalls the name with a reversed assonance: pain at bay, Bane; nomen omen). But while Darth Vader is a representation of totalitarianism (note how he reproduces Mussolini’s gestures in his fists on hips pose, by the way), Bane is more an incarnation of modern terrorism and offers a quite thoughtful insight into the genesis of it. Interestingly, both these epiphanies of evil (“necessary evil”, Bane explains and Darth Vader would probably agree) are very menacing and powerful, despite their physical limitations: the source of their superhuman strength seems to be their monumental rage, continuously nourished by jealousy and by the pain that curses both their consumed souls and their mutilated bodies. It is this hopeless grudge the mysterious engine that makes them more than just ordinary men, it is thanks to it that they can overcome disability. But there is a price to pay, these movies seem to prove: you can feed yourself on this limitless energy only if you turn it into destruction.
The character of Alex Murphy in the 1987 movie Robocop seems also pertinent in this context. He has in common with Darth Vader and Bane the search for vengeance, and that impossible anger that sits on the grave of his grief; but he is the good guy, the hero. Another important difference is that Murphy not only suffered extremely bad physical injuries (he is resuscitated by prosthetics of the whole body: only his brain and some other tissues have been spared by the men who tried to kill him); he also had brain damage, a kind of very pervasive post-traumatic brain injury exacerbated by the very same procedure used to bring him back to life by integrating his nervous system with mechatronic technology. So, Murphy is in a constant struggle for regaining some of the humanity of his previous life. In that sense, he is the most miserable and suffering among these three examples of cinematic disabilities. As Edward Neumeier (the screenwriter) somewhere said: “He [Alex Murphy] will never go back, he is always going to be something different: he is neither a man nor a machine, he is something different; he’s his own creature, maybe”.
It goes without saying that this kind of analysis takes into account only one of the layers these characters are the sum of. In each one of them, disability and mechanical replacement of their previous organic being is a metaphor for something lacking or gone in their soul, a deficiency in their humanity. But this is another story.
Disability does not necessarily make you a better person. On the contrary. When you meet a person with an important chronic health issue that precludes a normal life, consider that he might be consumed by anger and by hopelessly destructive sorrow. Especially, if not exclusively, when this mutilation has occurred at an early stage of his life.
Bertoldo was only partly right: it is not enough to be an architect and sculptor; one must also be an engineer!
Irving Stone, The Agony and the Ecstasy
A collection of some of my artworks, made during these last 20 years. I would like to write some notes on each one of them; I might do it in the future.
“A las dificultades intrínsecas debemos que añadir que Averroes, ignorante del siríaco y del griego, trabajaba sobre la traducción de una traducción.”
Jorge Louis Borges, La busca de Averroes
Tengo insomnio en este periodo: la noche no puedo dormir, si no hasta que la noche misma no está lista para el sueño. Y no es claro si me quedo despierto porque quiero leer o si leo para que el tiempo no me hable de cosas que no tengo ganas de escuchar: tengo la edad en la cual un hombre puede imaginar con desdén y realidad el mundo que sigue su aventura sin su presencia.
En la noche de ayer, en las últimas páginas del cuento “El Zahir”, de Jorge Luis Borges, me encontré con una frase que ya había sentido en otro lugar, en otro idioma. Estas son las palabras:
“… no hay hecho, por humilde que sea, que no implique la historia universal y su infinita concatenación de efectos y causas”
Yo creo que la fuente de inspiración para este cuento fue Edgar Allan Poe: el tema de la muerte de una mujer muy linda (“aunque no todas las efigies apoyaran incondicionadamente esa hipótesis”) que “buscaba lo absoluto, como Flaubert”; el entretenerse en la descripción de la corrupción de la cara de la muerta en el velorio, y la locura de un detalle (el Zahir del título) que absorberá toda entera la vida mental de el protagonista (Borges mismo), recuerdan muy de cerca al cuento “Berenice”, de Poe. Pero la frase no la leí en Poe, escritor que yo frecuentaba hace mucho tiempo, cuando leer de la muerte en los cuentos de él fue leer sobre un hecho teórico con que nunca me había encontrado todavía, sobre una hipótesis que olía a papel de una edición económica adornada por las ilustraciones de Alberto Martini.
“El Zahir” fue publicado la primera vez el julio de 1947, en la revista Los Anales de Buenos Aires. En el marzo del mismo año, Cesare Pavese termina la redacción de su último libro, “Dialoghi con Leucò”. El volumen fue publicado en el 1947 por Einaudi. Los diálogos reunidos en este libro todos están inspirados en el mito griego, pero no es un mero catálogo mitológico, como podría ser el Fabularum liber de Julius Hyginus: Teseo, Ulises, Diana son solo un pretexto, un catalizador de lo absoluto, que como tal no es ligado a ninguna época y encuentra expresión privilegiada en historias que nunca han sucedido y que siempre han ocurrido en la fantasía de todos los seres humanos, desde los padres de Homero hasta nosotros. En el penúltimo diálogo, Mnemosine le dice a Hesíodo:
“… non avete un istante, nemmeno il più futile, che non sgorghi dal silenzio delle origini”
Yo conjeturo que Borges pude procurarse el volumen de Pavese, el verano de 1947, ante de publicar su relato, e abbia voluto usare quella medesima frase al posto di un suo periodo che esprimeva la stessa idea, ma con minore economia di parole. Non posso provarlo, certo, e non so neanche se davvero i Dialoghi siano stati pubblicati prima del luglio del 1947. Tuttavia penso che Borges fosse in grado di leggere l’italiano, anche quello di Dante; a maggior ragione quello di Pavese. L’italiano di Pavese in fondo potrebbe essere proprio quello di uno straniero che si avventura nella scrittura di una lingua nuova: egli userà parole semplici, comuni, ma le disporrà in un ordine inconsueto per i madrelingua. La ricerca di Cesare Pavese lo portò con sicurezza a calcare i passi incerti del forestiero che inizia a usare l’italiano.
Io stesso ho meditato su quella citazione di Pavese, da quando la incontrai nella estate del 2020, perché mi ero imbattuto nella medesima idea (le idee si scoprono, almeno quanto non si inventino)(*), mentre scrivevo un racconto, nel 2006; e il mio di periodo è presente in questo sito, ma non lo scriverò qui, vicino alla soluzione di Pavese, perché non voglio essere io a rappresentare la dimostrazione pratica della differenza tra uno scrittore e un inutile grafomane; non oggi almeno: queste giornate hanno già le loro frustrazioni.
Ma Borges modifica l’originale, prolunga la ascissa del tempo, dalla genesi al futuro, passando per il quotidiano in cui Pavese si arresta. E sarebbe facile dire che nella prospettiva di Pavese, nel 1947, il futuro forse non esisteva già più e che è in questa frase che, grazie alla aggiunta complementare di Borges che denuncia l’assenza, ci svela, senza saperlo lui stesso, che sceglierà di lì a poco la scelta che fu di un personaggio del suo romanzo “Tra donne sole”: di chiudere la sua realtà soggettiva in una scatola di legno; di scendere dal mondo che continuerà la sua avventura senza di lui.
C’è un’altra differenza: Borges traduce Pavese in un linguaggio da fisico-matematico, invocando con un istinto generoso, la teoria del caos deterministico, ovvero la scienza dello studio asintotico delle soluzioni dei sistemi di equazioni differenziali non lineari, soluzioni le quali sono affette da ogni gesto, persino il più umile e futile (vedi ad esempio questo riferimento). Per altro Borges sembra estendere questi concetti, alludendo alle equazioni differenziali in modo forse ancora più esplicito, in un altro racconto (**), quello in cui il sacerdote Tzinacán realizza che:
“… en el lenguaje de un dios toda palabra enunciaría esa infinita concatenación de los hechos, y no de un modo implícito, sino explicito, y no de un modo progresivo, sino inmediato”
Credo che questa sia la migliore descrizione del teorema di esistenza e unicità di Cauchy che possa essere data senza usare nessun linguaggio matematico. Proprio questo talento scientifico, mai esplicitamente evocato, la caccia al tesoro alle invocazoni matematiche, credo sia una delle attrattive di Borges.
Sin embargo, otra posibilidad es que los dos encontraron una frase parecida in una tercera fuente (una obra che quizá, un día, yo también podría encontrar), y los ha seducido, como ha sido para el que escribe estas líneas, porque son las palabras entre cuyos espacios vacíos cabe una verdad providencial, descubierta quizás hace años.
¿Por qué escribí esto? Porque ahora no puedo hacer mi trabajo, porque he aprendido (quizás, no sé) a hacer saltos mortales para llenar mis días, “urgido por la fatalidad de hacer algo, de poblar de algùn modo el tiempo” (**). Porque un día sin matemáticas, sin dibujar o sin escribir es otra página de un diario sin recuerdos.
* Credo che si possa dire altrettanto per la matematica e per l’arte. In fondo entrambe sono sinonimi di idee. Lo scrive, nel 1940, G.H. Hardy nella sua famosa apologia: “I believe that mathematical reality lies outside us, that our function is to discover or observe it, and that the theorems which we prove, and which we describe grandiloquently as our ‘creations’ are simply our notes of our observations”. Analogamente P.W. Bridgman nel suo volumetto del 1936 (The Nature of Physical Theory): “Mathematics thus appears to be ultimately just as truly an empirical science as physics or chemistry, and the feeling that it is something essentially different arises only when we do not carry our analysis far enough”. Nell’arte, Irving Stone fa dire al suo Michelangelo: “The sculptor on the contrary had to see within the marble the form that it held”. E con le parole di Michelangelo:
Non à l’ottimo artista alcun concetto
ch’un marmo solo in sé non circoscriva
col suo soverchio, e solo a quello arriva
la man che ubbidisce all’intelletto.
Michelangelo Buonarroti, 1538
Le idee perciò, che siano teoremi o forme (cioè geometria, quindi matematica), esistevano già prima di essere inventate. Dove si trovano? Non necessariamente nell’universo conosciuto. In questo le idee artistiche e matematiche si distinguono da quelle scientifiche: esistono nell’universo di tutti gli universi possibili.
“Nada puede occurir una sola vez, nada es preciosamente precario. Lo elegiaco, lo grave, lo ceremonial, no rigen para los Inmortales”
Jorge Luis Borges, El inmortal
Ho dovuto cercare l’esemplare. L’Europa non sostenne mai il peso dei brachiosauri, non poté nutrire quegli oceani silenziosi di platani necessari ad alimentare la passione prolifica dei plateosauri, né solitudini estese a sufficienza per dare respiro alle migrazioni scomposte e festose dei diplodochi. Per questo ho fatto sopralluoghi a nord del Nord America, prima, e mi sono spinto poi, qualche mese dopo, sui tavolati della Patagonia.
Cosa dice il manuale di farmacologia? “L’esploratore sfogli i sedimenti del tardo Mesozoico, a passi lenti ma regolari, come l’ibis che spera assorto nel riflesso musivo delle scaglie dorate, oltre la pellicola liquida sul Nilo. Come una lancetta il malcapitato passi in rassegna, di eone in eone, il Cretaceo pietrificato, l’album di famiglia della Terra, scrutando tra le pagine le pietre che trattengono l’eco della anatomia superba del sauropode.”
“Il sauropode abbia conosciuto la solitudine del pascolo, abbia vissuto la lussuria di una stagione lussureggiante di amori, conosca la sazietà e il dolore. Abbia ottanta milioni di anni.”
–Ho tanti milioni di anni!– così mi sembrò di sentire una voce, a metà febbraio, quando la mattina cerca il colorito della salute e i sogni ancora stentano ad assopirsi. Ma c’ero solo io che insultavo il freddo, in Patagonia, sulle tracce di Darwin. –Scaldami le ossa ancora una volta, rimettimi nella corrente del tempo che consuma la vita ad ogni giro della vite che gira intorno al Sole, anche solo per un’ora! Senza la minaccia senza assoluzione o amnistia della morte, esistere non ha senso. L’eternità, esauriti i gradienti che nutrono e accrescono la fame della entropia vorace, è una legge ingiusta–.
Un tronco mi parve all’inizio, abbattuto, screpolato, mezzo sommerso. Ma poi riconobbi un condilo e più in là una cresta iliaca. Stavo camminando sulle rovine di una cattedrale, un argentinosauro, e non me ne ero accorto!
In breve, questa è la storia. Poi come si prepara il fossile lo sai: lo macini, aggiungi cannella e brodo granulare, rabbocchi la ciotola di acqua, ne fai solleticare le molecole dalle microonde finché non prenda il colore dell’ocra. E speri che funzioni.
Hai visto mai i bimbi sorpresi dalla morte? Sono improbabili, tra le palpebre socchiuse guardano una cosa che non possono capire, come uno schiaffo violento della mamma, dalla quale hanno conosciuto solo abbracci. Rimangono con l’esclamazione di sorpresa muta del tulipano. Così è stato per me, morto quando dovevo iniziare.
Se guarissi, non mi fermerebbe nessuno, comincerei a correre senza cronometro, come Forrest Gump. Sono una persona avventurosa, in fondo; avventura fisica intendo, esplorazione. In Abruzzo non avevo otto anni che partii per la prima grande spedizione in solitaria. Un ramarro mi tagliò la strada, segnando il confine di Eracle, ma non mi lasciai spaventare dal profilo dei monti che cambiava e dal paesino che diventava più piccolo.
Un avventuriero che ha vissuto la sua vita in una stanza, senza più cervello. Leopardi in una sua lettera all’amico Ranieri diceva che la sua pazzia sarebbe stata quella di rimanere su una sedia, immobile. Io non capivo, a 18 anni, di cosa parlasse.
Poco dopo l’ho scoperto. E da allora cerco la cura.